mercoledì 6 novembre 2013

Fino alla fine su Radio Capital



Questo è un post speciale, di quelli che portano dentro una grande emozione. Vera. Ieri sera su Radio Capital, nella trasmissione Whatever condotta da Luca De Gennaro, Fino alla Fine è stato uno dei protagonisti. La magia della radio, della musica. E questo è quello che è successo www.radioinvetta.it/capital.mp3 

martedì 15 ottobre 2013

Quanto tempo


Quanto tempo
Abbiamo perduto
Lasciato, in un silenzio

Quante notti 
Ti ho aspettata
E pensato, che tu fossi ormai

Andata lontano
In un nuovo sogno
Cercando un altro perche

Andata lontano
in un nuovo giorno
e ogni ieri, lasciato, quaggiù.


Quante volte
Mi sono perduto
In ogni ricordo, di te

In ogni momento
In ogni abbracio 
Nei sorrisi soltanto per me

e non c'era un dove
e non c'era un quando
il mondo là fuori e noi due

ballavamo in silenzio
il waltzer del vento
che suonava soltanto per noi


Perche perche
Non riesco a parlare
Perche perche
Non riesco mai a dire

Le cose importanti
Le cose che sento
E resrano dentro di me


Perche perche
Non riesco ad urlare
Per farti capire
Quanto sei importante per me

E non mi svegliare
Da questo tuo sogno
Che e vero e non ritornera

Solo con te
Non devo indossare
La maschera impressa che

Mi protegge dal mondo
Mi rende più forte
E sono cio che voglion da me

Ma basta un sorriso
E scivola via
E quedto e il vero che

Nient altro che un sogno
Ti posso donare
E questo e quello che ho

Ma se non e tardi
Nemmeno un silenzio
Ti portera lontana da me

mercoledì 9 ottobre 2013

Sogni in vetta: un nuovo inizio



Questo forse è uno dei post più importanti che abbia mai scritto. Perché ho deciso di cambiare il nome al blog. Da quando è nato, tante cose sono cambiate. Ed è giusto che anche lui segua il suo corso. Era nato per raccontare una storia, la storia della costruzione della mia chitarra. Le sensazioni, le emozioni. Poi ci ho buttato dentro un libro. E poi le canzoni. E poi tutto quello che mi passava per la testa. La passione per la musica, per la montagna. E ho capito una cosa: che la Vetta non è un luogo fisico, ma uno stato d'animo. Una sensazione. una emozione. Là dove corrono i sogni. Quelli che non cambiano la vita, forse. ma che trasformano la sopravvivenza, in vita. E quando sei lì, ovunque tu sia, stai bene: Sogni in Vetta vuol dire proprio questo: quando sopra di te hai solo il Cielo. Quando sotto di te il mondo va avanti, come fosse un giorno qualsiasi. Ma nessun giorno è qualsiasi. Ho cambiato il nome al Blog perché oggi lo sento così. E non so se in futuro cambierà ancora, non importa. Adesso è l'importante. Qui, adesso. Lo Zen e l'arte di costruirsi una  chitarra in casa esisterà sempre. Nel cuore, nella mente di chi con me ha vissuto questo sogno. e ancora lo sta vivendo. Ma adesso è un nuovo inizio. Una nuova alba, come racconta la foto che ho voluto mettere.. una di quelle che prendo in autostrada, dove di albe forse ne ho viste anche troppe. Questo è il nuovo inizio. Questo è Sogni in Vetta

Sogni a metà




Scende la sera
 E questa citta
Balla nel ritmo
D una realta

Comprata ad ore
Un illusione
Solo per dire
Anche io c ero.

Scende la sera
Senti quel freddo
Che fa tremare
 In fondo al cuore

 E chiudi gli occhi
Provi a fuggire
Ma non ti restano 
Nient altro che, 

Sogni a meta'
Sogni a meta'
Sogni che danno
La felicita'

Che hanno scritto
Anche per te
Sogni scontati
Da cogliere.


sogni a metà
sogni perché
perché fa male
chiedersi se

ogni domani
ha un perché
non è un ricordo
di cio che non c'è 

 Ogni mattina
Vedi allo specchio
Un volto che
Non sai chi e

E quegli occhi
Ormai gia spenti
Vedono ombre,
Ombre di te.

Meglio comprare
Un altro sogno
Ora coi saldi
Vale di più 

Meglio pensare
Questo e gia tutto
Meglio godere
E dimenticare i 

Sogni a meta'
Sogni a meta'
Sogni che danno
La felicita'

Che hanno scritto
Anche per te
Sogni scontati
 Da cogliere.

sogni a metà
sogni perché
perché fa male
chiedersi se

ogni domani
ha un perché
non è un ricordo
di cio che non c'è 


Lacrime fredde
Senza più nome
Scendono lente
E volano via

Senza ragione
Senza più senso
Quando hai deciso
 E cosi sia

venerdì 4 ottobre 2013

Le onde non tornano indietro


troppe volte hai provato
ad andare lontano
ma alla fine, sei sempre qua

dentro giorni sprecati
nella corsa del tempo
che nessuno, ricorderà

poi ti fermi a pensare
e t accorgi che tutto
alla fine, è assurdità

solo un vuoto che splende
dentro sogni comprati
che la notte, cancellerà.


ma le onde, ma le onde
ma le onde non tornano mai

ma le onde, ma le onde,
ma le onde non tornano mai,
indietro



troppe volte hai provato
ad andare lontano
ma alla fine, sei sempre qua,

e lo senti nel petto
e ti esplode il cuore
ma non riesci a capire perchè

poi ti fermi a pensare
e davanti al mare
senti un urlo che esplode in te

senti battere il ritmo
la sua corsa infinita
e sali a bordo anche tu

siamo onde perdute
in un mare di sogni
che arrivano, fuggono via

siamo il vento che soffia
e in ogni sospiro
siamo quello che non si dirà

siamo lacrime fredde
soffocate dal tempo
che nessuno ricorderà

siamo ombre leggere
nella notte che scende
che al mattino, scomparirà

ma le onde, ma le onde
ma le onde non tornano mai

ma le onde, ma le onde,
ma le onde non tornano mai,
indietro



e se i tuoi occhi
non vedono fine
la fine di quell orizzonte

che porta i tuoi sogni
e va piu lontano
quello è il solo senso

e non ti voltare
perchè puo far male
non importa, è quello che è

siamo onde del mare
in questa tempesta
e lontano andremo, di più

martedì 1 ottobre 2013

Scende un ombra



scende un ombra
su di me,
scende lentamente

chiudo gli occhi
per un pò
soffia dolce il vento;

poi mi perdo,
dentro me,
solo un momento;

solo un attimo
e poi,
poi, ritornerò

cosa cerco
non lo so
non l'ho mai saputo

forse ancora
qualche me
perso nel profondo

senza fiato
correrò
oltre questo sogno

questa notte
passerà
solo un altro giorno

posso stare
senza me
ma di te ho bisogno

ogni attimo
perchè
cerco ancora un senso

e non dirmi
ancora che
che è già finita


guardo fuori
dentro me
vedo solo un ombra

sento un freddo
forte che
mi ha stretto il cuore

tremo, piango
e non so
quanto sia profondo

questo vuoto
intorno a me
forse troppa gente

chiudo gli occhi
ancora un pò
soffia dolce il vento

non mi importa
piu perchè
non m'importa quando

prima o dopo
passerà
e ne son sicuro

ma adesso
non lo so
dove posso andare

posso stare
senza me
ma di te ho bisogno

ogni attimo
perchè
cerco ancora un senso

e non dirmi
ancora che
che è già finita

lunedì 23 settembre 2013

Non ti voltare





si sono perduti
un milione di volte
si sono trovati
soltanto per caso

si sono incrociati
e poi inseguiti,
si sono sfiorati
e allontanati

poi lei gli diceva
io devo scappare
non so fino a dove
potrò arrivare

poi lui le diceva
la strada più lunga
la devo affrontare
da solo, pero

e dentro i suoi occhi
un ombra cresceva
nel lugno sospiro
che chiamano vita

no non ti voltare
nemmeno un momento
nemmeno un secondo
lasciarti andare

no  non ti voltare
per non ricordare
la lacrima che
ancora fa male


hanno ballato
cullati dal vento
quel waltzer di vita
che non avrà fine

un attimo solo
soltanto un momento
e anche la luna
è scesa laggiu

ma tutto poi passa
e tutto scompare
ma tutto poi passa
si può cancellare

lei dice va bene
adesso è per sempre
lui scuote la testa
adesso e nient'altro


no non ti voltare
nemmeno un momento
nemmeno un secondo
lasciarti andare

no  non ti voltare
per non ricordare
la lacrima che
ancora fa male

martedì 3 settembre 2013

ti ho cercato

Ti ho cercato
Ti ho voluto
Ti ho aspettato
Per troppo tempo

Ti ho sognato
Ti ho capito
Ti ho seguito
In tutto il  mondo

Ti ho sentito
In fondo  al cuore
E poi lontano
Fuggire via

E non capivo
Per qual motivo
Dentro i tuoi occhi
Ci fosse freddo

Ma ora basta
Adesso è tardi
Adesso è ora
Che questo passi

Ma ora basta
E'  il momento
E il copione
Lo butto via

Ma ora basta
Ho detto tutto
E resta solo
il tuo silenzio

Ma ora basta
non ti voltare,
non c'è più nulla
in questa notte.


E non capivo
Le tue parole
Le tue paure
I tuoi sospiri

E nessun alba
Sara la stessa
e il tramonto
non tornerà

Ma non importa
Se fara male
Ma non importa
E' tardi ormai:

Ti ho amato
Ora e per sempre
Ti ho amato
E ti amero

Ma ora basta
Adesso è tardi
Adesso è ora
Che questo passi

Ma ora basta
E'  il momento
E il copione
Lo butto via

Ma ora basta
Ho detto tutto
E resta solo
il tuo silenzio

Ma ora basta
non ti voltare,
non c'è più nulla
in questa notte.

Faceva freddo



Faceva freddo ed eravamo vicini
E mi chiedevi d abbracciarti ancora
Faceva freddo ma sopra di noi
ogni stella stava gia sorridendo

Ed il cielo era troppo vicino
Ogni sogno ci sembrava reale
Le parole correvano lente
Nei sospiri dentro cui volavamo

Ed il mondo era troppo lontano
Troppe luci, rumore, bugie
Illusioni da comprare in offerta
Ed i giorni senza alba o tramonto

Ma le notti in cui faceva freddo
Il tuo sguardo mi rapiva e poi
Non sapevo più nemmeno il mio nome
Ma non era più importante ormai.

Quelle notti una corsa infinita
L orizzonte era ad un passo per noi
L autostrada una dolce carezza
Di una fuga che non finira mai

Ora resto sempre in casa la sera
E quel freddo non lo sentiro più
Ogni cielo e ritornato lontano
Ogni attimo infinito perduto

Ora resto sempre in casa la sera
Non ha senso l autostrada e poi
Le canzoni che ancora risento
Mi ricordano troppo di te.

giovedì 27 giugno 2013

ratafià. una leggenda. una storia. La mia Romeo e Giulietta. La mia storia





Ci sono storie che non hanno prezzo. questa, in particolare. non aggiungo nulla. è una cronaca del 1848, che racconta una leggenda intorno all'anno 1000. se pensate che Romeo e Giulietta siano la storia più romantica del mondo... andate avanti

Dalli al mago! Muoia il negromante! sbraitò un ciabattino dopo avere sciorinata una veemente arringa, in cui aveva detto corna del e della sua marmitta. E a quel grido si levarono a rumore gli Andornesi, e trassero in folla a casa del Rappis, vociando di voler placare l'ira del Cielo collo spargere il sangue di lui e di Cordelia, la sua unica figliuola, - una bella fanciulla dalle esili membra striminzite in una lunga e succinta roba di velluto, sebbene colle maniche ampissime, bionda la chioma e avviluppata in una reticella a mo' di fegatello, - ingomma una di quelle romanzesche creature del Medio Evo, che certi poeti non compresi dei nostri giorni si fabbricano nella loro fantasia, per esserne a loro posta riamati amanti, - eglino a cui fanno cilecca le Veneri odierne dal chignon e dalla veste a cortina o a sipario, rigonfia secondo l'uso selvaggio nella parte più prosaica del di dietro. Già i forsennati avevano cessato di urlare le loro invereconde e feroci minaccie, e si accingevano a mandarle ad effetto: già avevano appostate le scale e si aggrappavano ad esse, il ciabattino fra i primi per isfruconare la finestra e penetrare nella stanzaccia affumicata del vecchio, quando comparve fra la bruzzaglia un biondo garzone, l'occhio scintillante ed il capo alteramente eretto. Era Armando, figliuolo di Golzio il terribile nemico di Eusebio Rappis. Fratelli, gridò egli, che scalate andate voi apprestando? Quei due' scorpioni vanno abbrustoliti. E dir egli queste parole, e scanagliarsi subito la bordaglia in cerca di fiaccole per ritornare poscia urlando alla casa del Rappis, e levare il più osceno cachinno, mentre quella andava in cenere crepitando e cigolando, fu tutt'uno...



"Ma non la andò così: che Armando era il Romeo di quella Giulietta, e le sue ardenti parole e la sua subita proposta avevano solo di mira ed ebbero per effetto di cessare l'imminente pericolo della scalata, ed intanto dar tempo al vecchio od alla fanciulla di sgabellarsela in fretta. Fu una assai sottile inventiva la sua di eccitare le passioni per farle riuscir a vuoto - gherminella da muovere invidia ad un medico omeopatico, che abbia per impresa il similia similibus curantur.
"Intanto infuriava la peste in Andorno, e da bel principio gli Andornesi morivano spessi come lo mosche, che hanno tuffato il loro pungiglio nell'acqua concia con la carta moschicida. Poscia incominciarono le morti a farsi rade, o fu, quando si seppe, che una bionda giovinetta con un viso da arcangelo compariva al capezzale degli ammalati e dileguavasi, appena dato loro ad ingollare un sorso di liquore, che aveva la potenza di ridonare la salute.
"Aveva pigliato un tiro secco anche ad Eustacchio Golzio, il crudo padre di Armando, ed il pievano, credendolo oramai spacciato, lo esortava a morire perdonando ai suoi nemici, e a non giocarsi il paradiso con il serbare spirito di rancore contro i Rappis. Ma eran novelle: il vecchio caparbio ricalcitrava ai cristiani consigli del curato; per cui avrebbe reso rabbiosamente l'anima al diavolo se non fosse apparsa a suo salvamento la vergine dal liquore miracoloso, in virtù del quale anche per conto di lui.
"...vinta dall'Inferno era la pugna,
E lo spirto d'abisso si partìa.
Vuota stringnendo la terribil ugna."
"Risanato di vecchio libera Andorno della peste, si conobbe come di tutti questi benificii doveasi saper grado e baciar le mani a Cordelia, tota Rappis, la figliuola del negromante, e sposa segreta di Armando Golzio: che era proprio dessa la giovane taumaturga. E lì i baioni d' Andorno a gridare evviva, e a ricevere in trionfo quel vecchio e quella ragazza, che prima da loro non restò fossero fritti.
"Grande festa bandivasi in casa messer Golzio; le campane dindondavano allegramente, sonando a doppio e a distesa; gli sposi raggianti di gioia si ammicavano amorosamente e un tal po' lascivamente: i due vecchi Eusebio ed Eustachio, già usi a guatarsi in cagnesco, ora passeggiavano insieme serrati a braccetto, e sembrava più non potessero capire nella pelle della strabocchevole loro contentezza. Fu un punto, in cui il notaio sclamò, con voce nasale, secondo il rito di quel tempo: Sic res rata fiat! Rata fiat, tuonò il popolo con un tal grido cosi rimbombante, che, se allora fosse già stata inventata la polvere, sarebbe stato scambiato per fuochi di fila riusciti a puntino. Rata fiat! E da questo motto restò il nome di ratafià al liquore benedetto qual balsamo nella boccetta della donzella, e già temuto qual veleno nella pentola del vecchio alchimista. Dal quale, se non erra lo scrittore della leggenda, deve proprio avere la sua linea quel farmacista Rappis, cavaliere e sindaco di Andorno, che vedemmo a Torino l'ultima fiera di Gianduia smerciare ratafià all'ingrosso e al minuto, in via di Po, attaccando un battibecco con il rivale Mossone, attendato in piazza Castello, - come fanno i due magnetizzatori Filippa sull'omnibus della Gazzetta del popolo, dei quali ciascuno imbroda sé, e dichiara l'altro un falso Filippa. 

"Tal è l'origine del ratafià, secondo Angelo Brofferio, il quale ne era cosi sollucherato, che, come lo seppe uscire dalla bottega di uno speziale, fece buon viso d'allora in poi persino al reobarbaro e all'ipecacuana e ad ogni altro intruglio di farma-copea più nemico al palato. Che che sia il vero però del racconto brofferiano, certo è che un duca di Savoia concedeva a un Eusebio Rappis fin dal 1485 special privilegio di cucinare il ratafià. E qui basti di siffatto liquore, di cui un centellino vale millanta volte tutta la mia cicalata.

martedì 25 giugno 2013




... Ancora non ho detto però una cosa. Ok, non  ne ho dette molte (altrimenti finiremmo qui).. ma non ne ho detta una importante. Quando per la prima volta è nata l'idea di fare qualcosa col legno. Tutto è molto più semplice di quanto si possa immaginare, e si racchiude in questa foto.

Da anni guardavo questa vecchia botte che avevo in casa, datata -qualche anno dei primi dell'800 - e mi chiedevo cosa poterne fare. Era uno spreco lasciarla lì. Ma cosa poterne fare? Nemmeno volevo pensare a cose tipo comodino, tavolino o cose del genere. Piuttosto, per lasciarle dignità, il fuoco. A poco a poco mi è venuta in mente l'idea di farne una chitarra. Quei legni cosi stagionati, carichi di storia.. avrebbero regalato un suono unico. Una emozione. Almeno per me, visto che hanno accompagnato la mia famiglia per un pò di generazioni. Era eletterizzante anche solo pensare di realizzare uno strumento.. nuovo.. ma di 150 anni almeno! Pensarlo era bello..realizzarlo, altra cosa. Già caricarla in macchina e portarla a casa è stata una avventura. Aprirla sul balcone.. un'altra sfida. La prima sorpresa è stata proprio in quel momento: da buon cittadino moderno davo per scontato che le assi fossero in qualche modo attaccate tra loro. Invece erano semplicemente appoggiate, tagliate perfettamente per creare la forma. Le vie di ferro ai lati servivano unicamente per non permettere che si aprissero..e infatti, appena slegate, si sono aperte come un fiore. La precisione con cui l'angolazione di ognuna di esse era inserita in quella vicino mi ha lasciato senza fiato. Stupito, meravigliato. Un oggetto stupendo che oggi- penso - pochi saprebbero rifare a mano. I legni erano ancora perfettamente conservati, senza il minimo segno del tempo. Ed il peso di ognuno di essi, inspiegabile. Altro che legno pieno, quello era cemento! Il secondo dubbio che fosse cemento è stato poco dopo, quando ho provato a bucarli. Ho rovinato tre punte del trapano (elettrico). Poi ho capito. Ho preso quelle da muro. E allora tutto ha cominciato a funzionare. Non fanno più i legni di una volta. Poi ho provato ad incollarle. Altro grosso problema. Quello che ho ottenuto era inguardabile, nonostante innumerevoli fatiche. Ci sono giorni in cui bisogna saper dire - ok, ci proverò poi. Adesso non è tanto il caso. - E quello era uno di quei giorni. Ma il pensiero di poter finalmente suonare la mia chitarra, e sentirne il suono correre lungo quelle assi.. è ancora vivo, anzi sempre più, nella mente. Arriverà il momento in cui  riuscirò a farcela, è solo questione di tempo. E allora avrò costruito una chitarra con quasi un secolo di vita.. 


lunedì 3 giugno 2013

Poesia Spagnola




Un viaggio nel tempo,nei luoghi: questa puntata di Nu Poets è dedicata ai grandi autori Spagnoli, accompagnata da alcuni dei più famosi standard di musica Jazz.. un viaggio in Spagna con le voci contemporanee, e un viaggio nel tempo con la musica


Le voci nascono e svaniscono.. ma le poesie che possono viaggiare oltre il tempo non moriranno mai.. e in qualche modo sono la traccia di immortalità di chi le ha scritte.


Qui potrai ascoltare la puntata

mercoledì 29 maggio 2013

Nu Poets: la storia




Sono passati quasi quattordici anni da quando si è acceso per la prima volta il microfono di Nu Poets, in diretta su Radio Hinterland. Da allora centinaia di poesie sono state lette.. tanti sono stati gli ospiti.. tantissime le ore di musica che abbiamo avuto il piacere di ascoltare.. eppure nonostante tutto questo tempo, è sempre bello ritrovarsi qui. E finchè ci sarà qualcuno che avrà voglia di ascoltare un pò di Jazz e Poesia, noi saremo lì.


Ma non solo le poesie dei Grandi, quelle che hanno scritto la storia delle letterature di tutto il mondo. Nu Poets è la voce.. soprattutto la voce.. di tutti coloro che hanno un pezzo nel cassetto, lasciato nell'ombra e dimenticato.. e che per una volta, per un attimo solo, può uscire e farsi sentire.

Hai un racconto, una poesia? Mandacela e la leggeremo in trasmissione.

La mail è sempre la stessa, poesieinradio@gmail.com

giovedì 23 maggio 2013

Bollani e Grandi in Jazz



La puntata di questa sera di Nu Poets avrà due ospiti eccezionali: Stefano Bollani e Irene Grandi uniscono il loro talento per presentare un progetto unico nel suo genere.


La perfetta colonna sonora, l'accompagnamento, per

raccontare le poesie che sono arrivate.


Non ci credete?

Bastano pochi secondi per convincersi: basta ascoltare qui Dream a Little Dream of me, la prima traccia


  

martedì 21 maggio 2013

Le corde come un paio di scarpe



Prima di leggere questo post, vuoi vedere il video? Lo trovi, qui

La sensazione di suonare su corde nuove può essere paragonata a camminare con scarpe nuove. Da un lato, si è affezionati alle proprie scarpe. Hanno ormai la forma del piede, nel loro essere consumate c'è la storia dei passi fatti. Ci si è affezionati, le si guarda con affetto. Potendo, non le si cambierebbe mai. Però ci si rende conto che,arrivati ad un certo punto, al limite. Ed è arrivata l'ora di prendere una decisione. Suonare su corde nuove regala una sensazione molto simile. Prima, quelle vecchie ormai avevano preso l'accordatura, il suono. L'ossidazione le aveva rese più scure, le piccole imperfezioni scivolavano sotto le dita diventando dei punti di riferimento. Il loro colore aveva dato un volto allo strumento. Nel caso della steel, poi, che nel montarle la prima volta avevo preso "le prime corde a caso che avevo trovato" senza una logica, quella che all'inizio mi era sembrata una semplice prova di tensione, senza un preciso obiettivo di suono o accordatura, era diventata una caratteristica. Avendo poi messo corde di scarsa qualità, col tempo si erano leggermente sfilettate, altra caratteristica che aveva creato un suono particolare. E, infine, non avendo una custodia, rimaste per qualche mese sempre all'aria, ormai erano più vicine al colore del legno di quello del metallo. Ma a tutto, c'è un limite, e le ho cambiate. Adesso lo strumento ha un altro aspetto, queste vene di ferro lucide, pulite, gli danno tutt'altro fascino. La struttura è più tesa, risponde meglio. Hanno un nuovo senso, ono delle dimensioni giuste. Appena montate, non ho resistito alla tentazione e - pur essendo tardi - le ho provate. Ad amplificatore staccato. In acustica. Il primo brivido è stato stupendo. Sul metallo nuovo, si corre molto meglio. Come aver rifatto la lamina agli sci. Il suono è più intenso, vivace. Hanno l'entusiasmo e la forza dei giovani. Il percepito più metallico, non ancora ossidato, è la loro dichiarazione, fin da subito, di essere arrivate. E suonarle, è un piacere. Non hanno ancora la forza delle "vecchie", si scordano quasi subito. Devono abituarsi alla tensione. Al lavoro. Ma avranno tempo. Sono solo all'inizio della nuova avventura. Bastano pochi accordi per aprire un nuovo capitolo con loro. Vedremo, che storia sapremo raccontare. 

lunedì 20 maggio 2013

La Ruera: cosa è







Come poteva mancare in questo mondo un angolo dedicato alla ruera? ..per chi non è milanese, vuol dire spazzatura .. qui infatti vorrei postare tutto quello che nelle altre aree non avrebbe senso mettere. OT, come dicevano quelli dei newsgroup tanti anni fa. 

Cosa ci sarà qui? Non so.. 

venerdì 17 maggio 2013

Glass live in Budapest

Girare per il mondo regala sempre emozioni...e novità. Ora, uno può inventarsi di suonare di tutto.. partendo ad esempio dal suonare le pentole. e già lì si assiste a spettacoli meravigliosi. Ma questo è successo là dove non mi sarei mai aspettato di trovare qualcosa del genere. A Budapest, in una piazza qualsiasi. La cosa che colpisce non è che ci fosse un artista da strada.. di quelli ce ne sono tanti.. ma la capacità tecnica e la spettacolarità della esibizione. Oltre, ovviamente, al tipo di strumento che si è inventato. Ne ho registrato solo un pezzo, anche se in realtà mi son fermato molto di più. Meritava l'ascolto. Se mai avete ascoltato un suonatore di bicchieri, mettetevi comodi: welcome to the show 

giovedì 16 maggio 2013

Meccaniche sbilenche



Quattro meccaniche, quattro corde. Dalla più bassa alla più alta. In ordine decrescente. Così, almeno, è come funziona sulle chitarre normale. Perchè le meccaniche sono state montate bene, nella giusta posizione. Alla giusta distanza. Ma non è detto che debba sempre essere così, anzi. Quando ho tagliato la paletta, fatto i buchi, ho provato ad utilizzare tutto lo spazio a disposizione. E a metterle più in linea possibile. Ma se lo spazio è quello, piccolo.. e se non si riesce a posizionarle perfettamente, i risultati possono essere difficili da gestire. Avevo lottato con questo problema già la prima volta, quando misi le corde per la prima volta. Adesso, la situazione sembrava ancora peggiore. Perchè, alla fine, tutto questo è fatto per un motivo solo: per far si che le corde rimangano in tensione - nella giusta, tensione - e siano alla giusta distanza. Ma se le meccaniche sono messe male, fisicamente le corde non ce la fanno a passare. O si toccano fra loro. Se sono nuove, poi, "scivolano" ancora di più.. e il problema aumenta. D'altra parte, ormai la struttura dello strumento è quella, non è che si possa fare molto. Limitare i danni. Per riuscire a metterle - se non alla stessa distanza - ma almeno lontano, mi sono dovuto arrangiare. Alcune le ho montate da un lato, alcune dall'altro. Che vuol dire, che per tendere le corde a volte si devono girare le meccaniche in un senso, a volte nell'altro. E quando si accorda, bisogna sempre ricordarsi da che verso le ho messe. E poi, ho proprio invertito due meccaniche: di quelle posteriori, che teoricamente dovevano essere le due "corde esterne", ne ho messa una esterna ( la prima) e l'altra come terza. In questo modo, si riesce a recuperare un pò dell'errore della posizione delle palette. Ed è, comunque, suonabile. Tutto questo per chi ascolta non è un problema. Nemmeno si può accorgere della differenza. Ma per chi deve combattere per far uscire un suono.. Le corde sono invertite. le meccaniche storte. Chissenefrega. Suona lo stesso. é questo, alla fine, quello che conta. 

martedì 14 maggio 2013

Dall'Australia a Vicenza: viaggio no stop in 3 minuti





Costruire una chitarra è seguire una emozione. Seguirla, cercarla, viverla. Il post di oggi non è strettamente legato alla costruzione della chitarra, alle meccaniche o alle corde. Ma ad una emozione, che corre lungo la schiena come un fulmine. Il video che ho allegato arriva da Vicenza, due ragazzi trovati all'angolo di una strada. Una chitarra, un didgeridoo, percussioni. Il chitarrista ha il mood di colui che prende uno strumento e lo aggiusta come vuole, lo sistema. Lo abbraccia, lo accarezza. Suona improvvisando, partono in loop che durano decine e decine di minuti. In crescendo, rallentando, con stacchi e assoli. Una tempesta di suoni, un loop che travolge. Dalla Australia a vicenza, per un brivido che non si può dimenticare. 

lunedì 13 maggio 2013

1001 pagine viste: ed è solo l'inizio

ciao, questo è un post diverso dagli altri.. anzi, non vuole nemmeno essere un post.. ma solo un ringraziamento. Abbiamo raggiunto le 1000 pagine viste! .. è davvero bello poterlo dire.. GRAZIE! .. questo è solo l'inizio 


venerdì 10 maggio 2013

Ed ebbe un nome



Era quasi un anno che ci pensavo. Come poter dare un nome, una identità alla chitarra. Anche solo un tratto, qualcosa per vestirla. Ho immaginato tante cose, dalle grafiche vintage fino ai colori più psichedelici. E nel corso dei mesi le ho dato tanti nomi. Immaginato tanti vestiti per lei. E poi ci sono cose che succedono in momenti precisi, particolari. Poteva essere ieri, un mese fa o tra un mese, nulla sarebbe cambiato. Ho pensato che alla fine, se qualcuno la vede, ne sente il suono, la voce, deve essere sapere come si chiama. Deve poterne capire l'identità. Molto più semplice di quanto avessi pensato fino ad adesso. Lei è la prima nata, lei è e sempre sarà la mia "Numero 1". E la firma, vicino. Il mio marchio di fabbrica. Molto più semplice di quanto potessi immaginare, molto più vero e reale di qualsiasi altra elucubrazione. Vicino, appena accennata, una chiave di Sol. Anche questo è un pezzo di me: da quando ho imparato a scrivere, la disegno ovunque. C'è chi per fare gli scarabocchi sull'angolo del quaderno faceva quadrati, chi colorava un quadretto sì e uno no.. io facevo le chiavi di Sol. Perchè? Non so, in realtà. Forse perchè sono facili da fare, forse perchè.. mah. Inutile pensarci. Avevo pensato di chiedere a qualcun altro di farlo. L'arte del disegno è proprio ciò che meno mi appartiene. E, se lo avessi fatto, sicuramente il risultato sarebbe stato migliore. Ma non così vero. Adesso il nome è scritto nel legno, come un tatuaggio nel cuore. E' scritto, indelebile.

E' con grande piacere, che vi presento, la LUCA 1 

giovedì 9 maggio 2013

Quattro corde e una forchetta




Per chi suona la chitarra, cambiare le corde non è solo una necessità. E' un rito, un piacere. E' l'occasione per coccolare la chitarra, abbracciarla. Trattarla bene. Farle vedere che si tiene a lei, la si vuole sempre perfetta. Spesso, poi, è l'occasione per pulire anche la tastiera, sistemare le meccaniche. E quando lo si fa, ci si deve prendere tutto il tempo necessario. Può capitare di cambiare una corda al volo, ad esempio quando si rompe mentre si sta suonando. Ma è un'altra cosa. Le prime volte, sembra una operazione praticamente impossibile. Mi ricordo quando ero piccolo, avrò avuto sette o otto anni, quanto era difficile. A volte, era il mio insegnante che mi dava una mano. Sulle chitarre classiche poi, dove per fissarle sul ponticello bisogna fare il nodo ( che poi, nodo non è..) era ancora più difficile. Tutto sembrerebbe semplice, ormai, anche sulla steel. Sembrerebbe, ma non è così. Se non si ha un ponticello vero, ma solo dei chiodi attorno cui vengono fissate le corde, l'operazione non rimane cosi banale. Soprattutto, se le corde si sono incastrare e non si ha un coltello per poterle tagliare. Questa è più o meno la situazione nella quale mi sono trovato ieri. Non avere un coltello per aprire i nodi, o tagliarle direttamente, trasforma una operazione banale in un problema. C'era una unica soluzione: con la punta di una forchetta, ho smollato i nodi e tolto le corde. Detta così sembra facile. Dopo venti minuti in cui si prova a farlo, assicuro, la situazione prende tutt'altra piega. Arrivato al cambio della terza corda, ammetto, ho avuto la tentazione di strappare il chiodo dal legno per sfilare, nella maniera più semplice possibile, la corda. Ho resistito alla tentazione, alla fine ce l'ho fatta. Anche questo è il bello di costruirsi una chitarra in casa: se avessi sempre tutti gli attrezzi a disposizione, forse sarebbe più semplice. Sicuramente, i risultati sarebbero migliori e nella metà del tempo. Ma non sarebbe cosi divertente. 

venerdì 3 maggio 2013

Last beer mood: la canzone della serata



Ci sono giorni in cui si parte con un progetto, una idea, e si arriva da tutt'altra parte. Uscito dall'ufficio ero andato a comprare le corde nuove per la chitarra, cosi da vedere se - con una muta nuova - sarei riuscito a trovare una buona accordatura. E avrei provato una nuova soluzione per il ponticello, quello attuale - che in realtà non esiste perchè sono solo chiodi attorno cui attorcilio le corde - non mi soddisfa. Iniziato il lavoro però è iniziato a girarmi nella mente un riff, e ad un certo punto ho pensato - ok, prendo solo in mano la chitarra elettrica per un minuto così non lo dimentico -. Perchè una delle mie più grandi paure è sempre dimenticare quello che mi viene in mente. Parole, canzoni, passano e scivolano via leggere come fossero nulla. E, in effetti, mi succede, spesso.  Ho preso la chitarra per quel che doveva essere una breve pausa di lavoro. E' diventata l'occupazione dell'intera serata. Suona un pò diversa dagli altri miei pezzi.. e fa così: last beer

martedì 30 aprile 2013

Forma o non forma: questo è il problema



Ci sono dei momenti in cui bisogna prendere delle decisioni. Forma, o non forma. Così lo strumento è reale, vero. Però quando la appoggi sulle gambe, non è stabile. Poi, poterle dare una forma, sono convinto, le darebbe ancora più carattere. Più caratterizzazione. Il problema è, a questo punto, che forma darle? Devo riuscire a trovare una forma semplice, perchè altrimenti sarebbe troppo difficile da realizzare - le mie capacità con il legno sono molto limitate.. e sarebbe inutile sognare cose irrealizzabili. Deve essere una forma accattivante e unica. Deve essere comoda, e utilizzabile. Facile? sì, come al solito. E poi ci sarà il pensiero su come vestirla di colori.. una cosa per volta. Mi piace l'idea di realizzare una forma a goccia, leggermente lavorata sul lato esterno: provando a fare il disegno, non sembra male. La lavorazione sul lato esterno le conferisce una sua particolarità. Vicino al ponticello dovrò fare un'altra lavorazione, altrimenti la bottiglia non avrà spazio. E dovrò capire come fare l'incavo nel corpo nel quale appoggiarla. Quello che ho fatto a mano, con lo scalpello, non va bene: la bottiglia deve essere perfettamente parallela, altrimenti le corde avranno distanze diverse dalla tastiera. Non ho idea di come si possa fare. Stesso problema per lo spazio dei pick up.  Però la forma sta nascendo, e vorrei trovare tutti i possibili problemi adesso, in modo da non doverci più pensare. Almeno, ci provo. Così mi piace. Sognare. Già la sento sulle gambe. wow! E forse non è nemmeno impossibile da tagliare. Tutto questo può rasentare la follia, lo ammetto, soprattutto perchè ad oggi ho un disegno fatto su un post it, e nient'altro. Ma se da qualche parte non si inizia a sognare.. Ecco quello che dovrò fare, quindi.. armarmi di santa pazienza, e già calcolare che quello che otterrò da questo disegno sarà molto diverso da questo ... andare a chiedere aiuto a qualcuno che sa tagliare il legno, perchè il livello richiesto sta diventando troppo elevato rispetto alle mie capacità. Già riuscire a fare un disegno reale, sarà un grosso problema. Potrebbe però essere il primo passo per una nuova steel? ..è tornata la primavera. Ma la passione non è mai passata.