martedì 30 aprile 2013

Forma o non forma: questo è il problema



Ci sono dei momenti in cui bisogna prendere delle decisioni. Forma, o non forma. Così lo strumento è reale, vero. Però quando la appoggi sulle gambe, non è stabile. Poi, poterle dare una forma, sono convinto, le darebbe ancora più carattere. Più caratterizzazione. Il problema è, a questo punto, che forma darle? Devo riuscire a trovare una forma semplice, perchè altrimenti sarebbe troppo difficile da realizzare - le mie capacità con il legno sono molto limitate.. e sarebbe inutile sognare cose irrealizzabili. Deve essere una forma accattivante e unica. Deve essere comoda, e utilizzabile. Facile? sì, come al solito. E poi ci sarà il pensiero su come vestirla di colori.. una cosa per volta. Mi piace l'idea di realizzare una forma a goccia, leggermente lavorata sul lato esterno: provando a fare il disegno, non sembra male. La lavorazione sul lato esterno le conferisce una sua particolarità. Vicino al ponticello dovrò fare un'altra lavorazione, altrimenti la bottiglia non avrà spazio. E dovrò capire come fare l'incavo nel corpo nel quale appoggiarla. Quello che ho fatto a mano, con lo scalpello, non va bene: la bottiglia deve essere perfettamente parallela, altrimenti le corde avranno distanze diverse dalla tastiera. Non ho idea di come si possa fare. Stesso problema per lo spazio dei pick up.  Però la forma sta nascendo, e vorrei trovare tutti i possibili problemi adesso, in modo da non doverci più pensare. Almeno, ci provo. Così mi piace. Sognare. Già la sento sulle gambe. wow! E forse non è nemmeno impossibile da tagliare. Tutto questo può rasentare la follia, lo ammetto, soprattutto perchè ad oggi ho un disegno fatto su un post it, e nient'altro. Ma se da qualche parte non si inizia a sognare.. Ecco quello che dovrò fare, quindi.. armarmi di santa pazienza, e già calcolare che quello che otterrò da questo disegno sarà molto diverso da questo ... andare a chiedere aiuto a qualcuno che sa tagliare il legno, perchè il livello richiesto sta diventando troppo elevato rispetto alle mie capacità. Già riuscire a fare un disegno reale, sarà un grosso problema. Potrebbe però essere il primo passo per una nuova steel? ..è tornata la primavera. Ma la passione non è mai passata. 

lunedì 22 aprile 2013

Il mio suono per due soldi




Suonare la steel guitar ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. La si deve appoggiare sulle gambe, suonando seduti. O su un tavolo. Comunque, da qualche parte deve essere appoggiata. In una situazione normale non risulta essere un problema, anzi. Spesso si suona tenendo vicino un bicchere di vino, birra..! e si può appoggiare qualsiasi cosa possa servire ( lo slide, un altro plettro, il computer). Nella maggior parte dei casi è comodo. Nella maggior parte.. non sempre. e quando succede, è un problema. Provate voi ad essere in mezzo ad una strada, ad esempio, e qualcuno vi chiede di suonare qualcosa. Cosa potete fare? A me è successo. Avevo portato la mia chitarra una sera per mostrarla ad un paio di amici. L'avevo messa nel bagagliaio della macchina: se la serata fosse andata bene, l'avrei tirata fuori.. altrimenti, sarebbe rimasta a sonnecchiare al buoi. La serata stava andando bene, dopo aver suonato qualche pezzo con la chitarra vera venne fuori il discoros - ma ce l'hai il baracchino con te? ( allora lo chiamavo ancora così) - . Sapevano lo avevo portato, non potevo mentire. E,visto come stavano andando le cose, nemmeno mi dispiaceva. Problema: non avevo calcolato non ci fosse nessun posto su cui appoggiarmi. C'era una unica soluzione: mi accasciai per terra, appoggiandola sull'asfalto. Sicuramente non risciavo cadesse o si spostasse, ma non era il massimo della comodità. In un secondo mi ero trasformato in un artista da strada. Esperienza nuova, devo ammettere. E interessante. Dal basso il suono è diverso. La gente, dal basso, è diversa. Si vedono le gambe, i piedi. Quasi mai il volto. Si entra un mondo che non è reale. Non ci si accorge di quanta gente c'è. Si vedono le gambe della prima fila, oltre: no. Anche quello che dicono, che succede, è indefinito. Senti dei rumori lontani ma, quando provi ad alzare gli occhi, è già tutto finito. Sei davanti ad un sacco di gente ma, in realtà, sei solo. Ecco perchè forse gli artisti da strada spesso hanno gli occhi tristi. Fare l'artista da strada è stato davvero divertente. Mi hanno pure lanciato qualche moneta nella custodia ( che ovviamente non ho rifiutato.. tutto fa brodo). Prima o poi lo rifaccio, magari a Venezia

lunedì 15 aprile 2013

La chitarra e la birra







Non si arrabbi chi la birra la fa davvero, ma costruire la propria chitarra in qualche modo è come fare la birra. Si possono produrre milioni di ettolitri con macchine superspecializzate, oppure realizzarla con due semplici pentole. Cosi le chitarre: da una fabbrica ne possono uscire in serie, oppure si può scegliere di farsela in casa.In entrambi i casi, che sia industriale o artigianale, il risultato può essere ottimo o terribile. Sia per la birra, che per la propria chitarra, ci vuole pazienza. Prima di poter assaggiare ciò che si è prodotto, bisogna attendere la fermentazione. Prima di poter sentire il suono, bisogna costruirne un bel pezzo. Ogni birra è diversa dalla precedente. Ogni chitarra è unica. Quando prepari una cotta, ne cogli ogni sfumatura: gli odori, il colore, la temperatura. E quando bevi la birra che hai creato, ha un sapore diverso. Per la chitarra è la stessa cosa. Non è bello bere la propria birra da soli, è bello poterla condividere con gli amici. Sentire la stessa passione, percepire la stessa sensazione. Suonare da soli è bello, ma poter far ascoltare il proprio suono... ancora meglio.
La birra deve essere fatta con passione, come ogni cosa: la passione porta tutto il buono che si può trovare in ciò che si fa. La precisione, la voglia di cambiare, di migliorare. Non la si può fare"perchè si deve". Stessa cosa con la chitarra. 

La prima volta che ho risuonato la chitarra ( normale) dopo tantissimi anni è stato poco tempo fa, proprio sotto un portico ( quello dove poi ho costruito la mia) e proprio con pochi amici..e una birra fatta da un grande Mastro Birraio. E' stata la sensazione della serata a far funzionare tutto alla perfezione. E ancora adesso, quella serata è rimasta nella mente di tutti. Quando costruisco la chitarra e provo a suonarla, immagino e spero di riuscire a comunicare quella stessa sensazione che è nata quella sera. Tutto semplice, tutto naturale. 

Anche se il mio suono è tutto'altro che perfetto (anzi) spero che possa passare il bello di quello che ne viene fuori. E chi se ne frega se non è perfetto. Qualcuno diceva che nella imperfezione c'è l'anima, c'è l'unicità. A volte ci credo anche io.. o, almeno, ci spero. Se così non fosse, sarebbe per me impossibile andare avanti.

Proprio le persone che lavorano attorno alla birra sono state le prima a cogliere l'idea della chitarra. Appena l'ho accennato, subito abbiamo trovato il pezzo di legno, gli attrezzi, e tutto quello che poteva servire. ma, soprattutto, ci hanno creduto anche quando io stentavo a crederci. La birra è una emozione in ogni sorso, così come la chitarra lo è in ogni nota. E non lo si fa per soldi.. lo si fa e basta. 

C'è una ragione per cui birra e blues, e buona musica..e passione.. sono cosi vicini. Perchè la gente è quella. Noi siamo quella gente. 

lunedì 8 aprile 2013

La libertà è una scelta.



Non li ho dimenticati. Volutamente, non li ho messi. 

Dopo quasi trenta anni di giornate a suonare la chitarra, ho deciso per la libertà. Nessun tasto, nessun vincolo. Nessun freno. Sicuramente avrebbe reso tutto molto più complesso, più impreciso. Ma dicono che nell'imprecisione ci sia il cuore.. e, in fondo, era quello che stavo cercando. La lunghezza del diapason della mia steel era unico- non avendo preso alcuna misura quando ho iniziato a costruirlo, era normale fosse così. Non sapevo nemmeno bene come si calcolasse la dimensione della tastiera. E' stato divertente impararlo. Ma, ormai, era tardi. Avrei avuto bisogno di una tastiera più lunga e più larga. Ma, soprattutto, più lunga. La prossima volta sarà una delle cose a cui baderò mai più. 

Il suono che ne viene fuori però è diverso. E' bello pensare che ogni nota non sarà mai uguale a se stessa. Che si può giocare con quell'attimo.. quella tensione che fa tutta la differenza. E' bello - anche concettualmente - sognare di avere uno spazio libero su cui viaggiare senza alcun confine. E' come essere liberi a nuotare nel mare, o chiusi in una corsia di una piscina. Stessa cosa. Folle sì, ma non totalmente. Almeno qualche punto di riferimento mi serviva. Calcolare la dimensione dei tasti utilizzando i diversi rapporti numerici, è molto facile. Soprattutto se si ha Excel. Soprattutto se ci si accontenta di non essere perfetti. Ma avendo come ponticello una bottiglia di birra.. come si può cercare la perfezione? Fatti i calcoli, andava bene così. 

C'era poi il problema del buco in mezzo alla tastiera. Quello, insormontabile. Almeno per il momento. E provata l'ebbrezza della libertà, il pensiero di rimettere i tasti... no. La soluzione fu semplice. Una matita. Appena a lato della tastiera, proprio sull'angolo che vedo solo io, ho fatto piccoli punti. I riferimenti per trovare i suoni. Almeno per non perdersi ogni volta, riuscire a dare continuità al suono.. almeno, e soprattutto, se insieme ad altri. Una piccola sbavatura può essere perdonata se si è da soli, ma una stonatura con un altro strumento sarebbe terribile. 

E' vero che con la steel si possono lavorare le note in due modi: correndo lungo la tastiera, oppure premendo sulle corde. premendo, si aumenta leggermente la tensione facendo salire l'intonazione. Anche in questo caso tutto è puramente ad orecchio, ma è un buono strumento per aggiustare le imperfezioni. Suonare con i puntini è stato come ritrovare la torre di controllo di un aereoporto. In pochi minuti tutto era cambiato. Adesso, potevo suonare quasi normalmente. I puntini sulla tastiera non erano proprio il massimo della bellezza, lo devo ammettere. Però funzionavano. 

C'era il problema del buco in mezzo. Dove potevo mettere i punti di riferimento. Ok, per il momento, quella sarebbe stata la black zone. Black, perchè si andava al buio.. senza riferimenti. Non molto ampia, ma abbastanza scomoda e fastidiosa. Stavo pensando di rendere i puntini qualcosa di coreografico, di usarli per inserire degli elementi grafici allo strumento. Ma per il momento ancora non ho fatto nulla in termini di design.. ci penserò... e per il pezzo mancante di tastiera? .. questa era la domanda vera. 

Appoggiare sul legno del corpo una sottile tastiera in legno, incollandola, potrebbe essere una soluzione. Anzi, al momento l'unica soluzione che mi viene in mente. Darebbe continuità a tutto. 


Potrebbe essere una soluzione. Appunti per la prossima chitarra: prendi le misure, pensa prima al progetto concretamente ..poi inizia a tagliare. 

Quando hai un buco, non lo riempi più. 

Ma se decidi che i tasti non li vuoi, anche se sarà più difficile: non metterli e basta.

venerdì 5 aprile 2013

Il Blues e la chitarra.. o meglio: il senso della vita


il blues non è fatto di suono. Il blues è fatto dal silenzio che si nasconde tra una nota e l'altra. perché chi solo riesce a cogliere, anche inconsciamente, il silenzio che nasconde un blues, lo può apprezzare davvero. Il blues è fatto di silenzi. E' nato dalle voci di chi non poteva parlare, se non attraverso una canzone. E non è fatto di nomi o di classifiche. Il blues non è in una playlist. Non lo si valuta per il numero i copie vendute. Lo si suona e lo si accolta da soli. Lo si suona e li si ascolta con amici. In ogni caso, anche quando si è da soli, con il blues non lo si è mai. Perché quando si condivide una passione, o un sentimento, non è importante né il quando, né il dove. Può essere stato scritto venti o cinquanta anni prima. Può essere suonato a mille chilometri di distanza, o proprio dalla chitarra a pochi passi. Il blues è stare insieme, al di là del tempo e dei luoghi. Il blues è un popolo che non ha regione né nazionalità. Non ha colore, razza, lingue. Non ha un volto. ognuno gli da il suo. E, se è vero, è perfetto. Il blues è una legge non scritta, di chi quella legge ce l ha nel cuore. E non la si impara: o la sia ha, o no. Il cammino per apprenderla è lungo, infinito: il blues ha sempre una storia da raccontarti. Quando inizi ad ascoltarlo, vibra l'anima. Ed è una sensazione che non dimentichi. mai, mai più. Chiunque lo ama, ti potrà raccontare il suo "primo pezzo". la "prima volta". quando ha sentito quel brivido che gli avrebbe cambiato la vita. Poi c'è chi lo insegue, chi lo rincorre. Chi lo  tiene in una angolo della mente. e chi ne ha paura. ma una volta che hai sentito quella sensazione, la vita cambia. ed è come entrare in un mondo parallelo: di qua, la vita.. o, meglio: la sopravvivenza. Giorno dopo giorno, alba dopo alba, cercando un tramonto o forse un nuovo mattino. di là, quella sensazione che non riesci a raccontare,al di fuori del tempo. 

Quando inizi a costruire una chitarra, senti dentro quel brivido. Come la prima volta in cui hai suonato il blues. E il tuo unico pensiero è riuscire a costruire, ricreare, la stessa cosa. Sai che non ne hai le capacità, la tecnica, i mezzi. Spesso, non ne hai nemmeno il tempo. Eppure, hai un obiettivo: non sai cosa stai cercando, eppure lo senti. Poi, quando la prima volta si accende un microfono,e quel maledetto suono esce, entri in quella dimensione parallela: quella è la sensazione che stavi cercando, quello è il brivido che senti correre lungo la schiena. la mente ti porta alla realtà: è solo l 'inizio, ci sono tante altre cose da sistemare. Accordatura, tasti, meccanica, amplificazione. Va bene tutto, ma sono technicalities. la mente prova a prendere il sopravvento e farti tornare alla realtà, trasformando il tuo strumento in uno strumento. ma è molto pi di quanto possa sembrare, anche se suona male. anche se è solo l'inizio del cammino. 
Quella è il blues: il brivido che ti porta oltre, che ti fa sognare. E quando lo senti, non importa se sei sul Mississipi, a Padova o in qualunque luogo.. se è il 1902 o il 2013, non importa. Quella sensazione, quel brivido, è quello che ci accomuna. Che ci rende parte di un popolo che non ha territorio, tempo, luogo. Quello è il blues, il tatuaggio impresso nel cuore di chi ancora ha un sogno.

martedì 2 aprile 2013

Milano sotto la neve: il pezzo completo




Questo non è proprio un post, ma l'integrazione di un post. La prosecuzione. Volevo continuare a raccontare la storia della steel ma.. anche questa è una storia. E come sarà raccontata..anche se il racconto sarà apparentemente molto breve perchè - se calcolate la durata del pezzo che sto mandando, e il tempo che normalmente si impiega a leggere un post - vedrete che questo sarà uno dei più lunghi. 


Per cui.. basta scrivere. Milano sotto la neve, prima inviato come testo, adesso come traccia completa (come bozza di traccia, ovviamente.. la maledizione della camera d'albergo non mi abbandona ancora). 

Milano non è solo il Duomo sotto la neve, ma anche la magia dei suoi Navigli.