giovedì 27 giugno 2013

ratafià. una leggenda. una storia. La mia Romeo e Giulietta. La mia storia





Ci sono storie che non hanno prezzo. questa, in particolare. non aggiungo nulla. è una cronaca del 1848, che racconta una leggenda intorno all'anno 1000. se pensate che Romeo e Giulietta siano la storia più romantica del mondo... andate avanti

Dalli al mago! Muoia il negromante! sbraitò un ciabattino dopo avere sciorinata una veemente arringa, in cui aveva detto corna del e della sua marmitta. E a quel grido si levarono a rumore gli Andornesi, e trassero in folla a casa del Rappis, vociando di voler placare l'ira del Cielo collo spargere il sangue di lui e di Cordelia, la sua unica figliuola, - una bella fanciulla dalle esili membra striminzite in una lunga e succinta roba di velluto, sebbene colle maniche ampissime, bionda la chioma e avviluppata in una reticella a mo' di fegatello, - ingomma una di quelle romanzesche creature del Medio Evo, che certi poeti non compresi dei nostri giorni si fabbricano nella loro fantasia, per esserne a loro posta riamati amanti, - eglino a cui fanno cilecca le Veneri odierne dal chignon e dalla veste a cortina o a sipario, rigonfia secondo l'uso selvaggio nella parte più prosaica del di dietro. Già i forsennati avevano cessato di urlare le loro invereconde e feroci minaccie, e si accingevano a mandarle ad effetto: già avevano appostate le scale e si aggrappavano ad esse, il ciabattino fra i primi per isfruconare la finestra e penetrare nella stanzaccia affumicata del vecchio, quando comparve fra la bruzzaglia un biondo garzone, l'occhio scintillante ed il capo alteramente eretto. Era Armando, figliuolo di Golzio il terribile nemico di Eusebio Rappis. Fratelli, gridò egli, che scalate andate voi apprestando? Quei due' scorpioni vanno abbrustoliti. E dir egli queste parole, e scanagliarsi subito la bordaglia in cerca di fiaccole per ritornare poscia urlando alla casa del Rappis, e levare il più osceno cachinno, mentre quella andava in cenere crepitando e cigolando, fu tutt'uno...



"Ma non la andò così: che Armando era il Romeo di quella Giulietta, e le sue ardenti parole e la sua subita proposta avevano solo di mira ed ebbero per effetto di cessare l'imminente pericolo della scalata, ed intanto dar tempo al vecchio od alla fanciulla di sgabellarsela in fretta. Fu una assai sottile inventiva la sua di eccitare le passioni per farle riuscir a vuoto - gherminella da muovere invidia ad un medico omeopatico, che abbia per impresa il similia similibus curantur.
"Intanto infuriava la peste in Andorno, e da bel principio gli Andornesi morivano spessi come lo mosche, che hanno tuffato il loro pungiglio nell'acqua concia con la carta moschicida. Poscia incominciarono le morti a farsi rade, o fu, quando si seppe, che una bionda giovinetta con un viso da arcangelo compariva al capezzale degli ammalati e dileguavasi, appena dato loro ad ingollare un sorso di liquore, che aveva la potenza di ridonare la salute.
"Aveva pigliato un tiro secco anche ad Eustacchio Golzio, il crudo padre di Armando, ed il pievano, credendolo oramai spacciato, lo esortava a morire perdonando ai suoi nemici, e a non giocarsi il paradiso con il serbare spirito di rancore contro i Rappis. Ma eran novelle: il vecchio caparbio ricalcitrava ai cristiani consigli del curato; per cui avrebbe reso rabbiosamente l'anima al diavolo se non fosse apparsa a suo salvamento la vergine dal liquore miracoloso, in virtù del quale anche per conto di lui.
"...vinta dall'Inferno era la pugna,
E lo spirto d'abisso si partìa.
Vuota stringnendo la terribil ugna."
"Risanato di vecchio libera Andorno della peste, si conobbe come di tutti questi benificii doveasi saper grado e baciar le mani a Cordelia, tota Rappis, la figliuola del negromante, e sposa segreta di Armando Golzio: che era proprio dessa la giovane taumaturga. E lì i baioni d' Andorno a gridare evviva, e a ricevere in trionfo quel vecchio e quella ragazza, che prima da loro non restò fossero fritti.
"Grande festa bandivasi in casa messer Golzio; le campane dindondavano allegramente, sonando a doppio e a distesa; gli sposi raggianti di gioia si ammicavano amorosamente e un tal po' lascivamente: i due vecchi Eusebio ed Eustachio, già usi a guatarsi in cagnesco, ora passeggiavano insieme serrati a braccetto, e sembrava più non potessero capire nella pelle della strabocchevole loro contentezza. Fu un punto, in cui il notaio sclamò, con voce nasale, secondo il rito di quel tempo: Sic res rata fiat! Rata fiat, tuonò il popolo con un tal grido cosi rimbombante, che, se allora fosse già stata inventata la polvere, sarebbe stato scambiato per fuochi di fila riusciti a puntino. Rata fiat! E da questo motto restò il nome di ratafià al liquore benedetto qual balsamo nella boccetta della donzella, e già temuto qual veleno nella pentola del vecchio alchimista. Dal quale, se non erra lo scrittore della leggenda, deve proprio avere la sua linea quel farmacista Rappis, cavaliere e sindaco di Andorno, che vedemmo a Torino l'ultima fiera di Gianduia smerciare ratafià all'ingrosso e al minuto, in via di Po, attaccando un battibecco con il rivale Mossone, attendato in piazza Castello, - come fanno i due magnetizzatori Filippa sull'omnibus della Gazzetta del popolo, dei quali ciascuno imbroda sé, e dichiara l'altro un falso Filippa. 

"Tal è l'origine del ratafià, secondo Angelo Brofferio, il quale ne era cosi sollucherato, che, come lo seppe uscire dalla bottega di uno speziale, fece buon viso d'allora in poi persino al reobarbaro e all'ipecacuana e ad ogni altro intruglio di farma-copea più nemico al palato. Che che sia il vero però del racconto brofferiano, certo è che un duca di Savoia concedeva a un Eusebio Rappis fin dal 1485 special privilegio di cucinare il ratafià. E qui basti di siffatto liquore, di cui un centellino vale millanta volte tutta la mia cicalata.

martedì 25 giugno 2013




... Ancora non ho detto però una cosa. Ok, non  ne ho dette molte (altrimenti finiremmo qui).. ma non ne ho detta una importante. Quando per la prima volta è nata l'idea di fare qualcosa col legno. Tutto è molto più semplice di quanto si possa immaginare, e si racchiude in questa foto.

Da anni guardavo questa vecchia botte che avevo in casa, datata -qualche anno dei primi dell'800 - e mi chiedevo cosa poterne fare. Era uno spreco lasciarla lì. Ma cosa poterne fare? Nemmeno volevo pensare a cose tipo comodino, tavolino o cose del genere. Piuttosto, per lasciarle dignità, il fuoco. A poco a poco mi è venuta in mente l'idea di farne una chitarra. Quei legni cosi stagionati, carichi di storia.. avrebbero regalato un suono unico. Una emozione. Almeno per me, visto che hanno accompagnato la mia famiglia per un pò di generazioni. Era eletterizzante anche solo pensare di realizzare uno strumento.. nuovo.. ma di 150 anni almeno! Pensarlo era bello..realizzarlo, altra cosa. Già caricarla in macchina e portarla a casa è stata una avventura. Aprirla sul balcone.. un'altra sfida. La prima sorpresa è stata proprio in quel momento: da buon cittadino moderno davo per scontato che le assi fossero in qualche modo attaccate tra loro. Invece erano semplicemente appoggiate, tagliate perfettamente per creare la forma. Le vie di ferro ai lati servivano unicamente per non permettere che si aprissero..e infatti, appena slegate, si sono aperte come un fiore. La precisione con cui l'angolazione di ognuna di esse era inserita in quella vicino mi ha lasciato senza fiato. Stupito, meravigliato. Un oggetto stupendo che oggi- penso - pochi saprebbero rifare a mano. I legni erano ancora perfettamente conservati, senza il minimo segno del tempo. Ed il peso di ognuno di essi, inspiegabile. Altro che legno pieno, quello era cemento! Il secondo dubbio che fosse cemento è stato poco dopo, quando ho provato a bucarli. Ho rovinato tre punte del trapano (elettrico). Poi ho capito. Ho preso quelle da muro. E allora tutto ha cominciato a funzionare. Non fanno più i legni di una volta. Poi ho provato ad incollarle. Altro grosso problema. Quello che ho ottenuto era inguardabile, nonostante innumerevoli fatiche. Ci sono giorni in cui bisogna saper dire - ok, ci proverò poi. Adesso non è tanto il caso. - E quello era uno di quei giorni. Ma il pensiero di poter finalmente suonare la mia chitarra, e sentirne il suono correre lungo quelle assi.. è ancora vivo, anzi sempre più, nella mente. Arriverà il momento in cui  riuscirò a farcela, è solo questione di tempo. E allora avrò costruito una chitarra con quasi un secolo di vita.. 


lunedì 3 giugno 2013

Poesia Spagnola




Un viaggio nel tempo,nei luoghi: questa puntata di Nu Poets è dedicata ai grandi autori Spagnoli, accompagnata da alcuni dei più famosi standard di musica Jazz.. un viaggio in Spagna con le voci contemporanee, e un viaggio nel tempo con la musica


Le voci nascono e svaniscono.. ma le poesie che possono viaggiare oltre il tempo non moriranno mai.. e in qualche modo sono la traccia di immortalità di chi le ha scritte.


Qui potrai ascoltare la puntata