venerdì 22 marzo 2013

Il cuore. Il Pick up






Quando accesi la chitarra per la prima volta, attaccando il pick up al filo ancora sospeso dell'amplificatore, fu una sensazione incredibile. Quando poi le aggiunsi altre corde, il ponte (bottiglia) e la meccanica, un nuovo brivido. Ma ancora era uno strumento a se stante, viveva in un limbo di suoni tutto suo. Era arrivato il momento della grande prova, della verità: era arrivato il momento di capire se quello che avevo fatto sarebbe rimasto a se stante, o sarebbe diventato uno strumento vero. 

C'era solo un modo per scoprirlo: farlo suonare insieme ad altri strumenti, su una canzone vera. Quella sarebbe stata la prova del fuoco. Dura, ma necessaria. Accordai maniacalmente ogni corda, facendo tutte le prove che le meccaniche reggessero. Presi il mio computer, un loop in 4/4 di percussioni, e la mia chitarra - vera - per un giro di accordi blues. Non erano necessari fraseggi complessi, sul blues c'è la verità: o funziona, o non funziona. Tutto il resto sarebbe stato un contorno. 

Dopo aver registrato la base, mi accorsi che la chitarra vera era leggermente scordata. Ma avevo fretta di provare, ormai avevo già fatto il giro di prova e i motori erano a pieno carico davanti al semaforo di partenza. Non avrei retto un nuovo giro per la base. Scordai la mia steel preparata. Attaccai il jack all'amplificatore ( togliendolo dalla chitarra vera.. e già da lì sentii la differenza tra il suono della mia, grezzo e sporco, e quello corposo e pieno delle vera) e mi preparai. Nei due minuti successivi avrei avuto la risposta. Feci partire la base, primi due giri a vuoto di percussione. Poi l'entrata della base. Appoggiai lo slide sulle corde, timidamente - e stupidamente, quasi lo facessi per non far sentire nemmeno me stesso.. visto che ero solo nella stanza dove vivo - sfiorai le corde per accertarmi che fosse tutto acceso e che l'elettronica funzionasse. 

Avevo puntato sulla tastiera i riferimenti (ancora non era pronta la tastiera vera.. in pratica sul bordo del legno, a matita, mi ero segnato dove più o meno potessero essere i tasti) e cominciai. Il primo riff fu abbastanza drammatico: avevo talmente paura del risultato, che non beccai nemmeno una nota. Statisticamente difficile, quasi impossibile. 

Il secondo andò un po' meglio: diminuii notevolmente il numero di note che volevo suonare, concentrandomi su quelle base. Dove volevo andare? nemmeno sapevo suonare e già pretendevo di fare il virtuoso? Poi sciogliendomi le cose andarono sempre meglio. Dovetti suonare qualche volta l'intero pezzo prima di prendere un po' di confidenza con lo strumento. E finalmente, uscito dal panico da prestazione, iniziai ad ascoltarlo. E funzionava. Diavolo, se funzionava. Quello che successe dopo fu stupendo. Venni preso da una sorta di raptus musicale, non riuscivo più a smettere di suonare. e quanto era divertente! La mia chitarra, quella che avevo costruito io.. sì, proprio lei, riusciva a stare vicino ad una chitarra vera! a seguire un ritmo! rimanere accordata! Non ci potevo credere. 

Da quel momento smisi di chiamarla "Baracchino", come la chiamavo affettuosamente. 

Ma ancora non ho trovato un altro nome. 

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