venerdì 23 settembre 2016

Radio in Vetta - la sigla

Per chi ha la passione per la musica, i pezzi strumentali rappresentano una delle più grandi sfide. E se si devono affrontare da soli, senza una band.. il problema diventa ancora più difficile da risolvere. Per fortuna oggi grazie ad alcuni giocattoli che la tecnologia ci offre, si possono arrangiare delle demo con più strumenti senza troppe difficoltà. Con un po’ di pazienza, un po’ di tolleranza ( non verranno mai come quelle suonate, ovviamente), ma sufficientemente ascoltabili.
E così è nato il pezzo Radio in Vetta, che potrebbe diventare la sigla della trasmissione. Mentre ci pensiamo, decidiamo, lo sistemiamo.. lo mettiamo on line per farlo ascoltare.

Enjoy!



martedì 4 marzo 2014

Radio in Vetta- dopo la cima


Nuova settimana, nuova puntata.. ormai arrivati a quota 6!  è in onda una nuova puntata di Radio in Vetta, il nuovo suono della montagna

radio in vetta

venerdì 24 gennaio 2014

Sogni in Vetta ha una voce!



Un post diverso dal solito, perchè da oggi Sogni in Vetta ha una nuova voce.. una voce vera! grazie ad una nuova tecnologia si possono mettere alcune delle puntate delle mie trasmissioni radiofoniche Nu Poets e Rock d'autore - che si possono ascoltare anche il martedi sera dalle 22.00 in FM su Radio RH ( se siete a Milano e dintorni) anche nel blog.. Le prime sono già online.. stay tuned! 

mercoledì 6 novembre 2013

Fino alla fine su Radio Capital



Questo è un post speciale, di quelli che portano dentro una grande emozione. Vera. Ieri sera su Radio Capital, nella trasmissione Whatever condotta da Luca De Gennaro, Fino alla Fine è stato uno dei protagonisti. La magia della radio, della musica. E questo è quello che è successo www.radioinvetta.it/capital.mp3 

martedì 15 ottobre 2013

Quanto tempo


Quanto tempo
Abbiamo perduto
Lasciato, in un silenzio

Quante notti 
Ti ho aspettata
E pensato, che tu fossi ormai

Andata lontano
In un nuovo sogno
Cercando un altro perche

Andata lontano
in un nuovo giorno
e ogni ieri, lasciato, quaggiù.


Quante volte
Mi sono perduto
In ogni ricordo, di te

In ogni momento
In ogni abbracio 
Nei sorrisi soltanto per me

e non c'era un dove
e non c'era un quando
il mondo là fuori e noi due

ballavamo in silenzio
il waltzer del vento
che suonava soltanto per noi


Perche perche
Non riesco a parlare
Perche perche
Non riesco mai a dire

Le cose importanti
Le cose che sento
E resrano dentro di me


Perche perche
Non riesco ad urlare
Per farti capire
Quanto sei importante per me

E non mi svegliare
Da questo tuo sogno
Che e vero e non ritornera

Solo con te
Non devo indossare
La maschera impressa che

Mi protegge dal mondo
Mi rende più forte
E sono cio che voglion da me

Ma basta un sorriso
E scivola via
E quedto e il vero che

Nient altro che un sogno
Ti posso donare
E questo e quello che ho

Ma se non e tardi
Nemmeno un silenzio
Ti portera lontana da me

mercoledì 9 ottobre 2013

Sogni in vetta: un nuovo inizio



Questo forse è uno dei post più importanti che abbia mai scritto. Perché ho deciso di cambiare il nome al blog. Da quando è nato, tante cose sono cambiate. Ed è giusto che anche lui segua il suo corso. Era nato per raccontare una storia, la storia della costruzione della mia chitarra. Le sensazioni, le emozioni. Poi ci ho buttato dentro un libro. E poi le canzoni. E poi tutto quello che mi passava per la testa. La passione per la musica, per la montagna. E ho capito una cosa: che la Vetta non è un luogo fisico, ma uno stato d'animo. Una sensazione. una emozione. Là dove corrono i sogni. Quelli che non cambiano la vita, forse. ma che trasformano la sopravvivenza, in vita. E quando sei lì, ovunque tu sia, stai bene: Sogni in Vetta vuol dire proprio questo: quando sopra di te hai solo il Cielo. Quando sotto di te il mondo va avanti, come fosse un giorno qualsiasi. Ma nessun giorno è qualsiasi. Ho cambiato il nome al Blog perché oggi lo sento così. E non so se in futuro cambierà ancora, non importa. Adesso è l'importante. Qui, adesso. Lo Zen e l'arte di costruirsi una  chitarra in casa esisterà sempre. Nel cuore, nella mente di chi con me ha vissuto questo sogno. e ancora lo sta vivendo. Ma adesso è un nuovo inizio. Una nuova alba, come racconta la foto che ho voluto mettere.. una di quelle che prendo in autostrada, dove di albe forse ne ho viste anche troppe. Questo è il nuovo inizio. Questo è Sogni in Vetta

giovedì 27 giugno 2013

ratafià. una leggenda. una storia. La mia Romeo e Giulietta. La mia storia





Ci sono storie che non hanno prezzo. questa, in particolare. non aggiungo nulla. è una cronaca del 1848, che racconta una leggenda intorno all'anno 1000. se pensate che Romeo e Giulietta siano la storia più romantica del mondo... andate avanti

Dalli al mago! Muoia il negromante! sbraitò un ciabattino dopo avere sciorinata una veemente arringa, in cui aveva detto corna del e della sua marmitta. E a quel grido si levarono a rumore gli Andornesi, e trassero in folla a casa del Rappis, vociando di voler placare l'ira del Cielo collo spargere il sangue di lui e di Cordelia, la sua unica figliuola, - una bella fanciulla dalle esili membra striminzite in una lunga e succinta roba di velluto, sebbene colle maniche ampissime, bionda la chioma e avviluppata in una reticella a mo' di fegatello, - ingomma una di quelle romanzesche creature del Medio Evo, che certi poeti non compresi dei nostri giorni si fabbricano nella loro fantasia, per esserne a loro posta riamati amanti, - eglino a cui fanno cilecca le Veneri odierne dal chignon e dalla veste a cortina o a sipario, rigonfia secondo l'uso selvaggio nella parte più prosaica del di dietro. Già i forsennati avevano cessato di urlare le loro invereconde e feroci minaccie, e si accingevano a mandarle ad effetto: già avevano appostate le scale e si aggrappavano ad esse, il ciabattino fra i primi per isfruconare la finestra e penetrare nella stanzaccia affumicata del vecchio, quando comparve fra la bruzzaglia un biondo garzone, l'occhio scintillante ed il capo alteramente eretto. Era Armando, figliuolo di Golzio il terribile nemico di Eusebio Rappis. Fratelli, gridò egli, che scalate andate voi apprestando? Quei due' scorpioni vanno abbrustoliti. E dir egli queste parole, e scanagliarsi subito la bordaglia in cerca di fiaccole per ritornare poscia urlando alla casa del Rappis, e levare il più osceno cachinno, mentre quella andava in cenere crepitando e cigolando, fu tutt'uno...



"Ma non la andò così: che Armando era il Romeo di quella Giulietta, e le sue ardenti parole e la sua subita proposta avevano solo di mira ed ebbero per effetto di cessare l'imminente pericolo della scalata, ed intanto dar tempo al vecchio od alla fanciulla di sgabellarsela in fretta. Fu una assai sottile inventiva la sua di eccitare le passioni per farle riuscir a vuoto - gherminella da muovere invidia ad un medico omeopatico, che abbia per impresa il similia similibus curantur.
"Intanto infuriava la peste in Andorno, e da bel principio gli Andornesi morivano spessi come lo mosche, che hanno tuffato il loro pungiglio nell'acqua concia con la carta moschicida. Poscia incominciarono le morti a farsi rade, o fu, quando si seppe, che una bionda giovinetta con un viso da arcangelo compariva al capezzale degli ammalati e dileguavasi, appena dato loro ad ingollare un sorso di liquore, che aveva la potenza di ridonare la salute.
"Aveva pigliato un tiro secco anche ad Eustacchio Golzio, il crudo padre di Armando, ed il pievano, credendolo oramai spacciato, lo esortava a morire perdonando ai suoi nemici, e a non giocarsi il paradiso con il serbare spirito di rancore contro i Rappis. Ma eran novelle: il vecchio caparbio ricalcitrava ai cristiani consigli del curato; per cui avrebbe reso rabbiosamente l'anima al diavolo se non fosse apparsa a suo salvamento la vergine dal liquore miracoloso, in virtù del quale anche per conto di lui.
"...vinta dall'Inferno era la pugna,
E lo spirto d'abisso si partìa.
Vuota stringnendo la terribil ugna."
"Risanato di vecchio libera Andorno della peste, si conobbe come di tutti questi benificii doveasi saper grado e baciar le mani a Cordelia, tota Rappis, la figliuola del negromante, e sposa segreta di Armando Golzio: che era proprio dessa la giovane taumaturga. E lì i baioni d' Andorno a gridare evviva, e a ricevere in trionfo quel vecchio e quella ragazza, che prima da loro non restò fossero fritti.
"Grande festa bandivasi in casa messer Golzio; le campane dindondavano allegramente, sonando a doppio e a distesa; gli sposi raggianti di gioia si ammicavano amorosamente e un tal po' lascivamente: i due vecchi Eusebio ed Eustachio, già usi a guatarsi in cagnesco, ora passeggiavano insieme serrati a braccetto, e sembrava più non potessero capire nella pelle della strabocchevole loro contentezza. Fu un punto, in cui il notaio sclamò, con voce nasale, secondo il rito di quel tempo: Sic res rata fiat! Rata fiat, tuonò il popolo con un tal grido cosi rimbombante, che, se allora fosse già stata inventata la polvere, sarebbe stato scambiato per fuochi di fila riusciti a puntino. Rata fiat! E da questo motto restò il nome di ratafià al liquore benedetto qual balsamo nella boccetta della donzella, e già temuto qual veleno nella pentola del vecchio alchimista. Dal quale, se non erra lo scrittore della leggenda, deve proprio avere la sua linea quel farmacista Rappis, cavaliere e sindaco di Andorno, che vedemmo a Torino l'ultima fiera di Gianduia smerciare ratafià all'ingrosso e al minuto, in via di Po, attaccando un battibecco con il rivale Mossone, attendato in piazza Castello, - come fanno i due magnetizzatori Filippa sull'omnibus della Gazzetta del popolo, dei quali ciascuno imbroda sé, e dichiara l'altro un falso Filippa. 

"Tal è l'origine del ratafià, secondo Angelo Brofferio, il quale ne era cosi sollucherato, che, come lo seppe uscire dalla bottega di uno speziale, fece buon viso d'allora in poi persino al reobarbaro e all'ipecacuana e ad ogni altro intruglio di farma-copea più nemico al palato. Che che sia il vero però del racconto brofferiano, certo è che un duca di Savoia concedeva a un Eusebio Rappis fin dal 1485 special privilegio di cucinare il ratafià. E qui basti di siffatto liquore, di cui un centellino vale millanta volte tutta la mia cicalata.

martedì 25 giugno 2013




... Ancora non ho detto però una cosa. Ok, non  ne ho dette molte (altrimenti finiremmo qui).. ma non ne ho detta una importante. Quando per la prima volta è nata l'idea di fare qualcosa col legno. Tutto è molto più semplice di quanto si possa immaginare, e si racchiude in questa foto.

Da anni guardavo questa vecchia botte che avevo in casa, datata -qualche anno dei primi dell'800 - e mi chiedevo cosa poterne fare. Era uno spreco lasciarla lì. Ma cosa poterne fare? Nemmeno volevo pensare a cose tipo comodino, tavolino o cose del genere. Piuttosto, per lasciarle dignità, il fuoco. A poco a poco mi è venuta in mente l'idea di farne una chitarra. Quei legni cosi stagionati, carichi di storia.. avrebbero regalato un suono unico. Una emozione. Almeno per me, visto che hanno accompagnato la mia famiglia per un pò di generazioni. Era eletterizzante anche solo pensare di realizzare uno strumento.. nuovo.. ma di 150 anni almeno! Pensarlo era bello..realizzarlo, altra cosa. Già caricarla in macchina e portarla a casa è stata una avventura. Aprirla sul balcone.. un'altra sfida. La prima sorpresa è stata proprio in quel momento: da buon cittadino moderno davo per scontato che le assi fossero in qualche modo attaccate tra loro. Invece erano semplicemente appoggiate, tagliate perfettamente per creare la forma. Le vie di ferro ai lati servivano unicamente per non permettere che si aprissero..e infatti, appena slegate, si sono aperte come un fiore. La precisione con cui l'angolazione di ognuna di esse era inserita in quella vicino mi ha lasciato senza fiato. Stupito, meravigliato. Un oggetto stupendo che oggi- penso - pochi saprebbero rifare a mano. I legni erano ancora perfettamente conservati, senza il minimo segno del tempo. Ed il peso di ognuno di essi, inspiegabile. Altro che legno pieno, quello era cemento! Il secondo dubbio che fosse cemento è stato poco dopo, quando ho provato a bucarli. Ho rovinato tre punte del trapano (elettrico). Poi ho capito. Ho preso quelle da muro. E allora tutto ha cominciato a funzionare. Non fanno più i legni di una volta. Poi ho provato ad incollarle. Altro grosso problema. Quello che ho ottenuto era inguardabile, nonostante innumerevoli fatiche. Ci sono giorni in cui bisogna saper dire - ok, ci proverò poi. Adesso non è tanto il caso. - E quello era uno di quei giorni. Ma il pensiero di poter finalmente suonare la mia chitarra, e sentirne il suono correre lungo quelle assi.. è ancora vivo, anzi sempre più, nella mente. Arriverà il momento in cui  riuscirò a farcela, è solo questione di tempo. E allora avrò costruito una chitarra con quasi un secolo di vita.. 


lunedì 3 giugno 2013

Poesia Spagnola




Un viaggio nel tempo,nei luoghi: questa puntata di Nu Poets è dedicata ai grandi autori Spagnoli, accompagnata da alcuni dei più famosi standard di musica Jazz.. un viaggio in Spagna con le voci contemporanee, e un viaggio nel tempo con la musica


Le voci nascono e svaniscono.. ma le poesie che possono viaggiare oltre il tempo non moriranno mai.. e in qualche modo sono la traccia di immortalità di chi le ha scritte.


Qui potrai ascoltare la puntata

mercoledì 29 maggio 2013

Nu Poets: la storia




Sono passati quasi quattordici anni da quando si è acceso per la prima volta il microfono di Nu Poets, in diretta su Radio Hinterland. Da allora centinaia di poesie sono state lette.. tanti sono stati gli ospiti.. tantissime le ore di musica che abbiamo avuto il piacere di ascoltare.. eppure nonostante tutto questo tempo, è sempre bello ritrovarsi qui. E finchè ci sarà qualcuno che avrà voglia di ascoltare un pò di Jazz e Poesia, noi saremo lì.


Ma non solo le poesie dei Grandi, quelle che hanno scritto la storia delle letterature di tutto il mondo. Nu Poets è la voce.. soprattutto la voce.. di tutti coloro che hanno un pezzo nel cassetto, lasciato nell'ombra e dimenticato.. e che per una volta, per un attimo solo, può uscire e farsi sentire.

Hai un racconto, una poesia? Mandacela e la leggeremo in trasmissione.

La mail è sempre la stessa, poesieinradio@gmail.com

giovedì 23 maggio 2013

Bollani e Grandi in Jazz



La puntata di questa sera di Nu Poets avrà due ospiti eccezionali: Stefano Bollani e Irene Grandi uniscono il loro talento per presentare un progetto unico nel suo genere.


La perfetta colonna sonora, l'accompagnamento, per

raccontare le poesie che sono arrivate.


Non ci credete?

Bastano pochi secondi per convincersi: basta ascoltare qui Dream a Little Dream of me, la prima traccia


  

martedì 21 maggio 2013

Le corde come un paio di scarpe



Prima di leggere questo post, vuoi vedere il video? Lo trovi, qui

La sensazione di suonare su corde nuove può essere paragonata a camminare con scarpe nuove. Da un lato, si è affezionati alle proprie scarpe. Hanno ormai la forma del piede, nel loro essere consumate c'è la storia dei passi fatti. Ci si è affezionati, le si guarda con affetto. Potendo, non le si cambierebbe mai. Però ci si rende conto che,arrivati ad un certo punto, al limite. Ed è arrivata l'ora di prendere una decisione. Suonare su corde nuove regala una sensazione molto simile. Prima, quelle vecchie ormai avevano preso l'accordatura, il suono. L'ossidazione le aveva rese più scure, le piccole imperfezioni scivolavano sotto le dita diventando dei punti di riferimento. Il loro colore aveva dato un volto allo strumento. Nel caso della steel, poi, che nel montarle la prima volta avevo preso "le prime corde a caso che avevo trovato" senza una logica, quella che all'inizio mi era sembrata una semplice prova di tensione, senza un preciso obiettivo di suono o accordatura, era diventata una caratteristica. Avendo poi messo corde di scarsa qualità, col tempo si erano leggermente sfilettate, altra caratteristica che aveva creato un suono particolare. E, infine, non avendo una custodia, rimaste per qualche mese sempre all'aria, ormai erano più vicine al colore del legno di quello del metallo. Ma a tutto, c'è un limite, e le ho cambiate. Adesso lo strumento ha un altro aspetto, queste vene di ferro lucide, pulite, gli danno tutt'altro fascino. La struttura è più tesa, risponde meglio. Hanno un nuovo senso, ono delle dimensioni giuste. Appena montate, non ho resistito alla tentazione e - pur essendo tardi - le ho provate. Ad amplificatore staccato. In acustica. Il primo brivido è stato stupendo. Sul metallo nuovo, si corre molto meglio. Come aver rifatto la lamina agli sci. Il suono è più intenso, vivace. Hanno l'entusiasmo e la forza dei giovani. Il percepito più metallico, non ancora ossidato, è la loro dichiarazione, fin da subito, di essere arrivate. E suonarle, è un piacere. Non hanno ancora la forza delle "vecchie", si scordano quasi subito. Devono abituarsi alla tensione. Al lavoro. Ma avranno tempo. Sono solo all'inizio della nuova avventura. Bastano pochi accordi per aprire un nuovo capitolo con loro. Vedremo, che storia sapremo raccontare. 

lunedì 20 maggio 2013

La Ruera: cosa è







Come poteva mancare in questo mondo un angolo dedicato alla ruera? ..per chi non è milanese, vuol dire spazzatura .. qui infatti vorrei postare tutto quello che nelle altre aree non avrebbe senso mettere. OT, come dicevano quelli dei newsgroup tanti anni fa. 

Cosa ci sarà qui? Non so.. 

venerdì 17 maggio 2013

Glass live in Budapest

Girare per il mondo regala sempre emozioni...e novità. Ora, uno può inventarsi di suonare di tutto.. partendo ad esempio dal suonare le pentole. e già lì si assiste a spettacoli meravigliosi. Ma questo è successo là dove non mi sarei mai aspettato di trovare qualcosa del genere. A Budapest, in una piazza qualsiasi. La cosa che colpisce non è che ci fosse un artista da strada.. di quelli ce ne sono tanti.. ma la capacità tecnica e la spettacolarità della esibizione. Oltre, ovviamente, al tipo di strumento che si è inventato. Ne ho registrato solo un pezzo, anche se in realtà mi son fermato molto di più. Meritava l'ascolto. Se mai avete ascoltato un suonatore di bicchieri, mettetevi comodi: welcome to the show 

giovedì 16 maggio 2013

Meccaniche sbilenche



Quattro meccaniche, quattro corde. Dalla più bassa alla più alta. In ordine decrescente. Così, almeno, è come funziona sulle chitarre normale. Perchè le meccaniche sono state montate bene, nella giusta posizione. Alla giusta distanza. Ma non è detto che debba sempre essere così, anzi. Quando ho tagliato la paletta, fatto i buchi, ho provato ad utilizzare tutto lo spazio a disposizione. E a metterle più in linea possibile. Ma se lo spazio è quello, piccolo.. e se non si riesce a posizionarle perfettamente, i risultati possono essere difficili da gestire. Avevo lottato con questo problema già la prima volta, quando misi le corde per la prima volta. Adesso, la situazione sembrava ancora peggiore. Perchè, alla fine, tutto questo è fatto per un motivo solo: per far si che le corde rimangano in tensione - nella giusta, tensione - e siano alla giusta distanza. Ma se le meccaniche sono messe male, fisicamente le corde non ce la fanno a passare. O si toccano fra loro. Se sono nuove, poi, "scivolano" ancora di più.. e il problema aumenta. D'altra parte, ormai la struttura dello strumento è quella, non è che si possa fare molto. Limitare i danni. Per riuscire a metterle - se non alla stessa distanza - ma almeno lontano, mi sono dovuto arrangiare. Alcune le ho montate da un lato, alcune dall'altro. Che vuol dire, che per tendere le corde a volte si devono girare le meccaniche in un senso, a volte nell'altro. E quando si accorda, bisogna sempre ricordarsi da che verso le ho messe. E poi, ho proprio invertito due meccaniche: di quelle posteriori, che teoricamente dovevano essere le due "corde esterne", ne ho messa una esterna ( la prima) e l'altra come terza. In questo modo, si riesce a recuperare un pò dell'errore della posizione delle palette. Ed è, comunque, suonabile. Tutto questo per chi ascolta non è un problema. Nemmeno si può accorgere della differenza. Ma per chi deve combattere per far uscire un suono.. Le corde sono invertite. le meccaniche storte. Chissenefrega. Suona lo stesso. é questo, alla fine, quello che conta. 

martedì 14 maggio 2013

Dall'Australia a Vicenza: viaggio no stop in 3 minuti





Costruire una chitarra è seguire una emozione. Seguirla, cercarla, viverla. Il post di oggi non è strettamente legato alla costruzione della chitarra, alle meccaniche o alle corde. Ma ad una emozione, che corre lungo la schiena come un fulmine. Il video che ho allegato arriva da Vicenza, due ragazzi trovati all'angolo di una strada. Una chitarra, un didgeridoo, percussioni. Il chitarrista ha il mood di colui che prende uno strumento e lo aggiusta come vuole, lo sistema. Lo abbraccia, lo accarezza. Suona improvvisando, partono in loop che durano decine e decine di minuti. In crescendo, rallentando, con stacchi e assoli. Una tempesta di suoni, un loop che travolge. Dalla Australia a vicenza, per un brivido che non si può dimenticare. 

lunedì 13 maggio 2013

1001 pagine viste: ed è solo l'inizio

ciao, questo è un post diverso dagli altri.. anzi, non vuole nemmeno essere un post.. ma solo un ringraziamento. Abbiamo raggiunto le 1000 pagine viste! .. è davvero bello poterlo dire.. GRAZIE! .. questo è solo l'inizio 


venerdì 10 maggio 2013

Ed ebbe un nome



Era quasi un anno che ci pensavo. Come poter dare un nome, una identità alla chitarra. Anche solo un tratto, qualcosa per vestirla. Ho immaginato tante cose, dalle grafiche vintage fino ai colori più psichedelici. E nel corso dei mesi le ho dato tanti nomi. Immaginato tanti vestiti per lei. E poi ci sono cose che succedono in momenti precisi, particolari. Poteva essere ieri, un mese fa o tra un mese, nulla sarebbe cambiato. Ho pensato che alla fine, se qualcuno la vede, ne sente il suono, la voce, deve essere sapere come si chiama. Deve poterne capire l'identità. Molto più semplice di quanto avessi pensato fino ad adesso. Lei è la prima nata, lei è e sempre sarà la mia "Numero 1". E la firma, vicino. Il mio marchio di fabbrica. Molto più semplice di quanto potessi immaginare, molto più vero e reale di qualsiasi altra elucubrazione. Vicino, appena accennata, una chiave di Sol. Anche questo è un pezzo di me: da quando ho imparato a scrivere, la disegno ovunque. C'è chi per fare gli scarabocchi sull'angolo del quaderno faceva quadrati, chi colorava un quadretto sì e uno no.. io facevo le chiavi di Sol. Perchè? Non so, in realtà. Forse perchè sono facili da fare, forse perchè.. mah. Inutile pensarci. Avevo pensato di chiedere a qualcun altro di farlo. L'arte del disegno è proprio ciò che meno mi appartiene. E, se lo avessi fatto, sicuramente il risultato sarebbe stato migliore. Ma non così vero. Adesso il nome è scritto nel legno, come un tatuaggio nel cuore. E' scritto, indelebile.

E' con grande piacere, che vi presento, la LUCA 1 

giovedì 9 maggio 2013

Quattro corde e una forchetta




Per chi suona la chitarra, cambiare le corde non è solo una necessità. E' un rito, un piacere. E' l'occasione per coccolare la chitarra, abbracciarla. Trattarla bene. Farle vedere che si tiene a lei, la si vuole sempre perfetta. Spesso, poi, è l'occasione per pulire anche la tastiera, sistemare le meccaniche. E quando lo si fa, ci si deve prendere tutto il tempo necessario. Può capitare di cambiare una corda al volo, ad esempio quando si rompe mentre si sta suonando. Ma è un'altra cosa. Le prime volte, sembra una operazione praticamente impossibile. Mi ricordo quando ero piccolo, avrò avuto sette o otto anni, quanto era difficile. A volte, era il mio insegnante che mi dava una mano. Sulle chitarre classiche poi, dove per fissarle sul ponticello bisogna fare il nodo ( che poi, nodo non è..) era ancora più difficile. Tutto sembrerebbe semplice, ormai, anche sulla steel. Sembrerebbe, ma non è così. Se non si ha un ponticello vero, ma solo dei chiodi attorno cui vengono fissate le corde, l'operazione non rimane cosi banale. Soprattutto, se le corde si sono incastrare e non si ha un coltello per poterle tagliare. Questa è più o meno la situazione nella quale mi sono trovato ieri. Non avere un coltello per aprire i nodi, o tagliarle direttamente, trasforma una operazione banale in un problema. C'era una unica soluzione: con la punta di una forchetta, ho smollato i nodi e tolto le corde. Detta così sembra facile. Dopo venti minuti in cui si prova a farlo, assicuro, la situazione prende tutt'altra piega. Arrivato al cambio della terza corda, ammetto, ho avuto la tentazione di strappare il chiodo dal legno per sfilare, nella maniera più semplice possibile, la corda. Ho resistito alla tentazione, alla fine ce l'ho fatta. Anche questo è il bello di costruirsi una chitarra in casa: se avessi sempre tutti gli attrezzi a disposizione, forse sarebbe più semplice. Sicuramente, i risultati sarebbero migliori e nella metà del tempo. Ma non sarebbe cosi divertente. 

venerdì 3 maggio 2013

Last beer mood: la canzone della serata



Ci sono giorni in cui si parte con un progetto, una idea, e si arriva da tutt'altra parte. Uscito dall'ufficio ero andato a comprare le corde nuove per la chitarra, cosi da vedere se - con una muta nuova - sarei riuscito a trovare una buona accordatura. E avrei provato una nuova soluzione per il ponticello, quello attuale - che in realtà non esiste perchè sono solo chiodi attorno cui attorcilio le corde - non mi soddisfa. Iniziato il lavoro però è iniziato a girarmi nella mente un riff, e ad un certo punto ho pensato - ok, prendo solo in mano la chitarra elettrica per un minuto così non lo dimentico -. Perchè una delle mie più grandi paure è sempre dimenticare quello che mi viene in mente. Parole, canzoni, passano e scivolano via leggere come fossero nulla. E, in effetti, mi succede, spesso.  Ho preso la chitarra per quel che doveva essere una breve pausa di lavoro. E' diventata l'occupazione dell'intera serata. Suona un pò diversa dagli altri miei pezzi.. e fa così: last beer

martedì 30 aprile 2013

Forma o non forma: questo è il problema



Ci sono dei momenti in cui bisogna prendere delle decisioni. Forma, o non forma. Così lo strumento è reale, vero. Però quando la appoggi sulle gambe, non è stabile. Poi, poterle dare una forma, sono convinto, le darebbe ancora più carattere. Più caratterizzazione. Il problema è, a questo punto, che forma darle? Devo riuscire a trovare una forma semplice, perchè altrimenti sarebbe troppo difficile da realizzare - le mie capacità con il legno sono molto limitate.. e sarebbe inutile sognare cose irrealizzabili. Deve essere una forma accattivante e unica. Deve essere comoda, e utilizzabile. Facile? sì, come al solito. E poi ci sarà il pensiero su come vestirla di colori.. una cosa per volta. Mi piace l'idea di realizzare una forma a goccia, leggermente lavorata sul lato esterno: provando a fare il disegno, non sembra male. La lavorazione sul lato esterno le conferisce una sua particolarità. Vicino al ponticello dovrò fare un'altra lavorazione, altrimenti la bottiglia non avrà spazio. E dovrò capire come fare l'incavo nel corpo nel quale appoggiarla. Quello che ho fatto a mano, con lo scalpello, non va bene: la bottiglia deve essere perfettamente parallela, altrimenti le corde avranno distanze diverse dalla tastiera. Non ho idea di come si possa fare. Stesso problema per lo spazio dei pick up.  Però la forma sta nascendo, e vorrei trovare tutti i possibili problemi adesso, in modo da non doverci più pensare. Almeno, ci provo. Così mi piace. Sognare. Già la sento sulle gambe. wow! E forse non è nemmeno impossibile da tagliare. Tutto questo può rasentare la follia, lo ammetto, soprattutto perchè ad oggi ho un disegno fatto su un post it, e nient'altro. Ma se da qualche parte non si inizia a sognare.. Ecco quello che dovrò fare, quindi.. armarmi di santa pazienza, e già calcolare che quello che otterrò da questo disegno sarà molto diverso da questo ... andare a chiedere aiuto a qualcuno che sa tagliare il legno, perchè il livello richiesto sta diventando troppo elevato rispetto alle mie capacità. Già riuscire a fare un disegno reale, sarà un grosso problema. Potrebbe però essere il primo passo per una nuova steel? ..è tornata la primavera. Ma la passione non è mai passata. 

lunedì 22 aprile 2013

Il mio suono per due soldi




Suonare la steel guitar ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. La si deve appoggiare sulle gambe, suonando seduti. O su un tavolo. Comunque, da qualche parte deve essere appoggiata. In una situazione normale non risulta essere un problema, anzi. Spesso si suona tenendo vicino un bicchere di vino, birra..! e si può appoggiare qualsiasi cosa possa servire ( lo slide, un altro plettro, il computer). Nella maggior parte dei casi è comodo. Nella maggior parte.. non sempre. e quando succede, è un problema. Provate voi ad essere in mezzo ad una strada, ad esempio, e qualcuno vi chiede di suonare qualcosa. Cosa potete fare? A me è successo. Avevo portato la mia chitarra una sera per mostrarla ad un paio di amici. L'avevo messa nel bagagliaio della macchina: se la serata fosse andata bene, l'avrei tirata fuori.. altrimenti, sarebbe rimasta a sonnecchiare al buoi. La serata stava andando bene, dopo aver suonato qualche pezzo con la chitarra vera venne fuori il discoros - ma ce l'hai il baracchino con te? ( allora lo chiamavo ancora così) - . Sapevano lo avevo portato, non potevo mentire. E,visto come stavano andando le cose, nemmeno mi dispiaceva. Problema: non avevo calcolato non ci fosse nessun posto su cui appoggiarmi. C'era una unica soluzione: mi accasciai per terra, appoggiandola sull'asfalto. Sicuramente non risciavo cadesse o si spostasse, ma non era il massimo della comodità. In un secondo mi ero trasformato in un artista da strada. Esperienza nuova, devo ammettere. E interessante. Dal basso il suono è diverso. La gente, dal basso, è diversa. Si vedono le gambe, i piedi. Quasi mai il volto. Si entra un mondo che non è reale. Non ci si accorge di quanta gente c'è. Si vedono le gambe della prima fila, oltre: no. Anche quello che dicono, che succede, è indefinito. Senti dei rumori lontani ma, quando provi ad alzare gli occhi, è già tutto finito. Sei davanti ad un sacco di gente ma, in realtà, sei solo. Ecco perchè forse gli artisti da strada spesso hanno gli occhi tristi. Fare l'artista da strada è stato davvero divertente. Mi hanno pure lanciato qualche moneta nella custodia ( che ovviamente non ho rifiutato.. tutto fa brodo). Prima o poi lo rifaccio, magari a Venezia

lunedì 15 aprile 2013

La chitarra e la birra







Non si arrabbi chi la birra la fa davvero, ma costruire la propria chitarra in qualche modo è come fare la birra. Si possono produrre milioni di ettolitri con macchine superspecializzate, oppure realizzarla con due semplici pentole. Cosi le chitarre: da una fabbrica ne possono uscire in serie, oppure si può scegliere di farsela in casa.In entrambi i casi, che sia industriale o artigianale, il risultato può essere ottimo o terribile. Sia per la birra, che per la propria chitarra, ci vuole pazienza. Prima di poter assaggiare ciò che si è prodotto, bisogna attendere la fermentazione. Prima di poter sentire il suono, bisogna costruirne un bel pezzo. Ogni birra è diversa dalla precedente. Ogni chitarra è unica. Quando prepari una cotta, ne cogli ogni sfumatura: gli odori, il colore, la temperatura. E quando bevi la birra che hai creato, ha un sapore diverso. Per la chitarra è la stessa cosa. Non è bello bere la propria birra da soli, è bello poterla condividere con gli amici. Sentire la stessa passione, percepire la stessa sensazione. Suonare da soli è bello, ma poter far ascoltare il proprio suono... ancora meglio.
La birra deve essere fatta con passione, come ogni cosa: la passione porta tutto il buono che si può trovare in ciò che si fa. La precisione, la voglia di cambiare, di migliorare. Non la si può fare"perchè si deve". Stessa cosa con la chitarra. 

La prima volta che ho risuonato la chitarra ( normale) dopo tantissimi anni è stato poco tempo fa, proprio sotto un portico ( quello dove poi ho costruito la mia) e proprio con pochi amici..e una birra fatta da un grande Mastro Birraio. E' stata la sensazione della serata a far funzionare tutto alla perfezione. E ancora adesso, quella serata è rimasta nella mente di tutti. Quando costruisco la chitarra e provo a suonarla, immagino e spero di riuscire a comunicare quella stessa sensazione che è nata quella sera. Tutto semplice, tutto naturale. 

Anche se il mio suono è tutto'altro che perfetto (anzi) spero che possa passare il bello di quello che ne viene fuori. E chi se ne frega se non è perfetto. Qualcuno diceva che nella imperfezione c'è l'anima, c'è l'unicità. A volte ci credo anche io.. o, almeno, ci spero. Se così non fosse, sarebbe per me impossibile andare avanti.

Proprio le persone che lavorano attorno alla birra sono state le prima a cogliere l'idea della chitarra. Appena l'ho accennato, subito abbiamo trovato il pezzo di legno, gli attrezzi, e tutto quello che poteva servire. ma, soprattutto, ci hanno creduto anche quando io stentavo a crederci. La birra è una emozione in ogni sorso, così come la chitarra lo è in ogni nota. E non lo si fa per soldi.. lo si fa e basta. 

C'è una ragione per cui birra e blues, e buona musica..e passione.. sono cosi vicini. Perchè la gente è quella. Noi siamo quella gente. 

lunedì 8 aprile 2013

La libertà è una scelta.



Non li ho dimenticati. Volutamente, non li ho messi. 

Dopo quasi trenta anni di giornate a suonare la chitarra, ho deciso per la libertà. Nessun tasto, nessun vincolo. Nessun freno. Sicuramente avrebbe reso tutto molto più complesso, più impreciso. Ma dicono che nell'imprecisione ci sia il cuore.. e, in fondo, era quello che stavo cercando. La lunghezza del diapason della mia steel era unico- non avendo preso alcuna misura quando ho iniziato a costruirlo, era normale fosse così. Non sapevo nemmeno bene come si calcolasse la dimensione della tastiera. E' stato divertente impararlo. Ma, ormai, era tardi. Avrei avuto bisogno di una tastiera più lunga e più larga. Ma, soprattutto, più lunga. La prossima volta sarà una delle cose a cui baderò mai più. 

Il suono che ne viene fuori però è diverso. E' bello pensare che ogni nota non sarà mai uguale a se stessa. Che si può giocare con quell'attimo.. quella tensione che fa tutta la differenza. E' bello - anche concettualmente - sognare di avere uno spazio libero su cui viaggiare senza alcun confine. E' come essere liberi a nuotare nel mare, o chiusi in una corsia di una piscina. Stessa cosa. Folle sì, ma non totalmente. Almeno qualche punto di riferimento mi serviva. Calcolare la dimensione dei tasti utilizzando i diversi rapporti numerici, è molto facile. Soprattutto se si ha Excel. Soprattutto se ci si accontenta di non essere perfetti. Ma avendo come ponticello una bottiglia di birra.. come si può cercare la perfezione? Fatti i calcoli, andava bene così. 

C'era poi il problema del buco in mezzo alla tastiera. Quello, insormontabile. Almeno per il momento. E provata l'ebbrezza della libertà, il pensiero di rimettere i tasti... no. La soluzione fu semplice. Una matita. Appena a lato della tastiera, proprio sull'angolo che vedo solo io, ho fatto piccoli punti. I riferimenti per trovare i suoni. Almeno per non perdersi ogni volta, riuscire a dare continuità al suono.. almeno, e soprattutto, se insieme ad altri. Una piccola sbavatura può essere perdonata se si è da soli, ma una stonatura con un altro strumento sarebbe terribile. 

E' vero che con la steel si possono lavorare le note in due modi: correndo lungo la tastiera, oppure premendo sulle corde. premendo, si aumenta leggermente la tensione facendo salire l'intonazione. Anche in questo caso tutto è puramente ad orecchio, ma è un buono strumento per aggiustare le imperfezioni. Suonare con i puntini è stato come ritrovare la torre di controllo di un aereoporto. In pochi minuti tutto era cambiato. Adesso, potevo suonare quasi normalmente. I puntini sulla tastiera non erano proprio il massimo della bellezza, lo devo ammettere. Però funzionavano. 

C'era il problema del buco in mezzo. Dove potevo mettere i punti di riferimento. Ok, per il momento, quella sarebbe stata la black zone. Black, perchè si andava al buio.. senza riferimenti. Non molto ampia, ma abbastanza scomoda e fastidiosa. Stavo pensando di rendere i puntini qualcosa di coreografico, di usarli per inserire degli elementi grafici allo strumento. Ma per il momento ancora non ho fatto nulla in termini di design.. ci penserò... e per il pezzo mancante di tastiera? .. questa era la domanda vera. 

Appoggiare sul legno del corpo una sottile tastiera in legno, incollandola, potrebbe essere una soluzione. Anzi, al momento l'unica soluzione che mi viene in mente. Darebbe continuità a tutto. 


Potrebbe essere una soluzione. Appunti per la prossima chitarra: prendi le misure, pensa prima al progetto concretamente ..poi inizia a tagliare. 

Quando hai un buco, non lo riempi più. 

Ma se decidi che i tasti non li vuoi, anche se sarà più difficile: non metterli e basta.

venerdì 5 aprile 2013

Il Blues e la chitarra.. o meglio: il senso della vita


il blues non è fatto di suono. Il blues è fatto dal silenzio che si nasconde tra una nota e l'altra. perché chi solo riesce a cogliere, anche inconsciamente, il silenzio che nasconde un blues, lo può apprezzare davvero. Il blues è fatto di silenzi. E' nato dalle voci di chi non poteva parlare, se non attraverso una canzone. E non è fatto di nomi o di classifiche. Il blues non è in una playlist. Non lo si valuta per il numero i copie vendute. Lo si suona e lo si accolta da soli. Lo si suona e li si ascolta con amici. In ogni caso, anche quando si è da soli, con il blues non lo si è mai. Perché quando si condivide una passione, o un sentimento, non è importante né il quando, né il dove. Può essere stato scritto venti o cinquanta anni prima. Può essere suonato a mille chilometri di distanza, o proprio dalla chitarra a pochi passi. Il blues è stare insieme, al di là del tempo e dei luoghi. Il blues è un popolo che non ha regione né nazionalità. Non ha colore, razza, lingue. Non ha un volto. ognuno gli da il suo. E, se è vero, è perfetto. Il blues è una legge non scritta, di chi quella legge ce l ha nel cuore. E non la si impara: o la sia ha, o no. Il cammino per apprenderla è lungo, infinito: il blues ha sempre una storia da raccontarti. Quando inizi ad ascoltarlo, vibra l'anima. Ed è una sensazione che non dimentichi. mai, mai più. Chiunque lo ama, ti potrà raccontare il suo "primo pezzo". la "prima volta". quando ha sentito quel brivido che gli avrebbe cambiato la vita. Poi c'è chi lo insegue, chi lo rincorre. Chi lo  tiene in una angolo della mente. e chi ne ha paura. ma una volta che hai sentito quella sensazione, la vita cambia. ed è come entrare in un mondo parallelo: di qua, la vita.. o, meglio: la sopravvivenza. Giorno dopo giorno, alba dopo alba, cercando un tramonto o forse un nuovo mattino. di là, quella sensazione che non riesci a raccontare,al di fuori del tempo. 

Quando inizi a costruire una chitarra, senti dentro quel brivido. Come la prima volta in cui hai suonato il blues. E il tuo unico pensiero è riuscire a costruire, ricreare, la stessa cosa. Sai che non ne hai le capacità, la tecnica, i mezzi. Spesso, non ne hai nemmeno il tempo. Eppure, hai un obiettivo: non sai cosa stai cercando, eppure lo senti. Poi, quando la prima volta si accende un microfono,e quel maledetto suono esce, entri in quella dimensione parallela: quella è la sensazione che stavi cercando, quello è il brivido che senti correre lungo la schiena. la mente ti porta alla realtà: è solo l 'inizio, ci sono tante altre cose da sistemare. Accordatura, tasti, meccanica, amplificazione. Va bene tutto, ma sono technicalities. la mente prova a prendere il sopravvento e farti tornare alla realtà, trasformando il tuo strumento in uno strumento. ma è molto pi di quanto possa sembrare, anche se suona male. anche se è solo l'inizio del cammino. 
Quella è il blues: il brivido che ti porta oltre, che ti fa sognare. E quando lo senti, non importa se sei sul Mississipi, a Padova o in qualunque luogo.. se è il 1902 o il 2013, non importa. Quella sensazione, quel brivido, è quello che ci accomuna. Che ci rende parte di un popolo che non ha territorio, tempo, luogo. Quello è il blues, il tatuaggio impresso nel cuore di chi ancora ha un sogno.

martedì 2 aprile 2013

Milano sotto la neve: il pezzo completo




Questo non è proprio un post, ma l'integrazione di un post. La prosecuzione. Volevo continuare a raccontare la storia della steel ma.. anche questa è una storia. E come sarà raccontata..anche se il racconto sarà apparentemente molto breve perchè - se calcolate la durata del pezzo che sto mandando, e il tempo che normalmente si impiega a leggere un post - vedrete che questo sarà uno dei più lunghi. 


Per cui.. basta scrivere. Milano sotto la neve, prima inviato come testo, adesso come traccia completa (come bozza di traccia, ovviamente.. la maledizione della camera d'albergo non mi abbandona ancora). 

Milano non è solo il Duomo sotto la neve, ma anche la magia dei suoi Navigli.







mercoledì 27 marzo 2013

Scrivere una canzone: Sarà




Scrivere una canzone. Una delle cose più belle che si possano fare nella vita. Sentire il pezzo che nasce nella mente, dal nulla. Iniziare a scrivere una frase al volo, e subito scivola via tutto il testo. Poi quelle parole prendono un'anima e si comincia a canticchiarla. E rimane lì, finchè non si arriva davanti alla chitarra. E su quel ritornello arrivano degli accordi, una melodia. Poi un riff di batteria. E arriva un brivido. Questo è un post apparentemente OT(che bello! quanto tempo che non lo scrivevo! mi ricorda gli anni dei newsgroup, quando la metà dei messaggi erano OT) perchè non parla della costruzione della chitarra.. e in questo caso nemmeno la uso. Però l'emozione per questo pezzo è stata talmente forte che.. alla fine, ci sta. E' una bozza, l'ho dovuto registrare nella camera dove sto.. di sera, senza poter far rumore. Quindi anche la voce è bassa e fuori tono ma.. Mi sono divertito a pensarlo, mi sono divertito a suonarlo.. e mi piace poter provare a far passare quella emozione. 

Mettetevi comodi, chiudete gli occhi.. Sarà è il titolo, e la potrete ascoltare da qui 




lunedì 25 marzo 2013

Milano sotto la neve: il Blues

Vi è mai capitato di avere una canzone in mente? Un ritornello maledetto, che vi entra dentro e non lo si toglie più. A me capita spesso.. spessissimo. Sia di canzoni che mi piacciono sia - peggio- di pezzi che non ascolterei mai volontariamente. E poi a volte, anzi spesso, a me succede un'altra cosa. Parte in un angolo della mente una canzoncina, un loop. A volte un ritmo, a volte una parola, a volte un suono. E rimane lì nella penombra. Ma so che c'è. Poi, all'improvviso, a quel suono ne segue un altro. A quel ritmo si aggancia una parola. A quel riff si fonde un'altra ombra che avevo nella mente. E diventano tutt'uno. E una frase diventano due. Al ritornello aggancio anche il bridge o l'arrangiamento. Le parole trovano un senso. Inizio a respirare l'aria di una canzone. Soprattutto per il blues, mi succede. Mi immagino l'atmosfera, la situazione. E come fosse la scena di un film che mi appare davanti agli occhi, provo a raccontarla. 

Non c'è una formula fissa, nè un inizio o una fine. Non riesco a pilotarla, viene fuori e basta. Mi è sempre successo così. Ora, ogni volta che lavoro sulla chitarra, penso ad un blues. Lo lascio correre lungo la mente, senza controllo. Non provo ad incastrarlo dentro ad una metrica o un cluster, semplicemente è libero. Di dire, di urlare, di arrivare dove vuole. E poi lo tengo stretto, finchè non lo fisso su un foglio.

Perchè la cosa peggiore dello scrivere una canzone, è dimenticarla. Anche questo mi succede spessissimo. Ed è una cosa che odio. Davvero. Ci rimango male per giorni e giorni, e più provo a ripensarci, meno mi viene in mente. E' un incubo, una ossessione. Ormai ho imparato a conviverci, ma non è stato sempre così. Adesso vivo con blocchetti per appunti ovunque, persino sul comodino. E' durante la notte, quando ci si sveglia, che si crea meglio. Almeno, nel mio caso. Ho scritto già diversi pezzi sognandoli arrangiati con la mia chitarra, so -spero - che un giorno riuscirò a farli davvero. 

Ancora non è arrivato il momento del mio blues perfetto, ne sono lontanissimo. Ma non è arrivato nemmeno il momento della chitarra perfetta... per cui alla fine i conti tornano.

Se c'è qualcuno che sta leggendo queste parole, e ha la passione per il Blues. Se c'è qualcuno che ha voglia di prendere delle parole, provare a sentirle.. e capire cosa può venirne fuori.. questo è il posto giusto. Se qualcuno vuole andare oltre la filosofia 2.0 dell'interazione...e per un momento, per un solo attimo condividere più di un commento..ma un pezzo di anima: questo è il posto giusto.


Ho scritto questo pezzo sotto la neve, a milano, in febbraio. Stavo andando ad un appuntamento di lavoro. 


Ci sarebbe anche la musica, ma..se ognuno ha una parola da aggiungere o un arrangiamento su cui farle volare.. 



milano sotto la neve
in un silenzio che non si può raccontare
sotto un cielo di lampioni spenti
e qualche luce che non va a dormire

c'è ombra che balla nel vento
in un waltzer che non avrà fine
in ogni notte che sembra infinita
e la luna che guarda lontana


ballo con te, mia dolce signora
ballo con te questo waltzer, di noi
ballo con te nel ritmo, per strada e poi
riportami a casa è qui.. riportami qui 

milano un altra illusione
e troppe vite da vivere insieme
non c'è giorno, notte, che basti
per sentirsi davvero contenti

milano ti prende e ti culla
e ti abbraccia con la sua magia
ma questa notte, la neve che cade
questa milano è soltanto mia  

venerdì 22 marzo 2013

Il cuore. Il Pick up






Quando accesi la chitarra per la prima volta, attaccando il pick up al filo ancora sospeso dell'amplificatore, fu una sensazione incredibile. Quando poi le aggiunsi altre corde, il ponte (bottiglia) e la meccanica, un nuovo brivido. Ma ancora era uno strumento a se stante, viveva in un limbo di suoni tutto suo. Era arrivato il momento della grande prova, della verità: era arrivato il momento di capire se quello che avevo fatto sarebbe rimasto a se stante, o sarebbe diventato uno strumento vero. 

C'era solo un modo per scoprirlo: farlo suonare insieme ad altri strumenti, su una canzone vera. Quella sarebbe stata la prova del fuoco. Dura, ma necessaria. Accordai maniacalmente ogni corda, facendo tutte le prove che le meccaniche reggessero. Presi il mio computer, un loop in 4/4 di percussioni, e la mia chitarra - vera - per un giro di accordi blues. Non erano necessari fraseggi complessi, sul blues c'è la verità: o funziona, o non funziona. Tutto il resto sarebbe stato un contorno. 

Dopo aver registrato la base, mi accorsi che la chitarra vera era leggermente scordata. Ma avevo fretta di provare, ormai avevo già fatto il giro di prova e i motori erano a pieno carico davanti al semaforo di partenza. Non avrei retto un nuovo giro per la base. Scordai la mia steel preparata. Attaccai il jack all'amplificatore ( togliendolo dalla chitarra vera.. e già da lì sentii la differenza tra il suono della mia, grezzo e sporco, e quello corposo e pieno delle vera) e mi preparai. Nei due minuti successivi avrei avuto la risposta. Feci partire la base, primi due giri a vuoto di percussione. Poi l'entrata della base. Appoggiai lo slide sulle corde, timidamente - e stupidamente, quasi lo facessi per non far sentire nemmeno me stesso.. visto che ero solo nella stanza dove vivo - sfiorai le corde per accertarmi che fosse tutto acceso e che l'elettronica funzionasse. 

Avevo puntato sulla tastiera i riferimenti (ancora non era pronta la tastiera vera.. in pratica sul bordo del legno, a matita, mi ero segnato dove più o meno potessero essere i tasti) e cominciai. Il primo riff fu abbastanza drammatico: avevo talmente paura del risultato, che non beccai nemmeno una nota. Statisticamente difficile, quasi impossibile. 

Il secondo andò un po' meglio: diminuii notevolmente il numero di note che volevo suonare, concentrandomi su quelle base. Dove volevo andare? nemmeno sapevo suonare e già pretendevo di fare il virtuoso? Poi sciogliendomi le cose andarono sempre meglio. Dovetti suonare qualche volta l'intero pezzo prima di prendere un po' di confidenza con lo strumento. E finalmente, uscito dal panico da prestazione, iniziai ad ascoltarlo. E funzionava. Diavolo, se funzionava. Quello che successe dopo fu stupendo. Venni preso da una sorta di raptus musicale, non riuscivo più a smettere di suonare. e quanto era divertente! La mia chitarra, quella che avevo costruito io.. sì, proprio lei, riusciva a stare vicino ad una chitarra vera! a seguire un ritmo! rimanere accordata! Non ci potevo credere. 

Da quel momento smisi di chiamarla "Baracchino", come la chiamavo affettuosamente. 

Ma ancora non ho trovato un altro nome. 

lunedì 18 marzo 2013

Questione di dimensioni: il plettro




Le dimensioni nella vita non sono tutto, come disse qualcuno. Quando si suona la chitarra c'è un elemento che raggiunge livelli quasi di sacralità. Il plettro. un piccolo oggetto di plastica, più leggero di una nocciolina. Eppure rappresenta il cuore di tutto. E' lui che costruisce il suono. Ogni chitarrista ne ha tanti, molti li collezionano. 

Per qualcuno la ricerca del plettro perfetto diventa una ossessione. Nella vita di ognuno sono passati per le mani migliaia di pezzi eppure.. ce ne è sempre uno speciale, quello che si tiene in tasca, nel portafolio, nel fodero della chitarra. E lo si usa in occasioni speciali, spesso da soli. Spesso ricorda una esperienza.. il primo concerto, il luogo dove lo si ha comprato, una festa o un evento.. oppure è stato regalato da qualcuno di speciale. 


Quando ho provato per la prima volta la mia chitarra, ho scelto anche il plettro con cui darle il battesimo. Ho un piccolo sacchetino in tessuto dentro il quale li conservo. Penso fosse un porta-zippo di un vecchio zaino che avevo. Quando ancora gli Zippo andavano di moda. Ho ancora il primo plettro che ho comprato, che mai - miracolosamente- ho perso. L'ho smarrito diverse volte, ma alla fine è sempre tornato. Poi ne ho uno di Steve Vai, che aveva lanciato dal palco durante un concerto. E uno dei Metallica. Lo so, è tutto molto infantile, ma sono bei ricordi. Ne ho un paio comprati in giro per il mondo, un paio che avevo suonato in occasioni particolari. E poi un sacco con forme e colori strani perchè - anche io- per un certo periodo sono precipitato nel buio del collezionismo. Non era semplice scegliere il primo, sarebbe stato quello che per sempre avrebbe rappresentato l'inizio. E non mi andava di prenderne nemmeno uno nuovo.. Troppo semplice. Nel vuotare il sacchetto mi cadde sott'occhio qualcosa che non vedevo da tempo. 

Andando in America, a Memphis, tanti e tanti fa.. davanti ai Sun Studios avevo fatto quello che si può definire l'"essere turista medio". In una macchinetta avevo schiacciato ( a caro prezzo!) una moneta da 5 cent ed era diventata una piccola medaglietta dei Sun Studios. So che è estremamente kitch, però era divertente. Mi ero anche dimenticato ( o avevo rimosso) di averlo fatto.. e non ricordavo fosse lì. Era perfetta, proprio quello che mi serviva. mai usata prima, simbolo di qualcosa che mi aveva commosso.. e soprattutto - come la mia chitarra non era una chitarra vera - quello non era un plettro vero. Provai ad usarlo sulla mia chitarra normale, il suono così metallico aveva un sapore strano. Ma nel complesso non era male. Le lavorazioni, poi, lo rendevano comodo e non scivolava dalle dita ( mio grande problema da sempre). 

Sarebbe stato perfetto. 

Il suono, quando lo provai,era come lo avevo immaginato: estremamente metallico, aggressivo.. e mi piaceva. Sicuramente - poco dopo ne presi uno in plastica normale -

venerdì 15 marzo 2013

La scelta. Il Dubbio. Il dramma. Le corde




Le corde della chitarra sono un oggetto strano. Un mondo a se stante. Solo chi ha vissuto l'esperienza di andarne a comprare una muta può capire quello che sto scrivendo. Sul mercato oggi ne esistono milioni di modelli. Di ogni dimensione, marca. Molti dei più importanti chitarristi hanno fatto corde a proprio nome. Quanto sia passione, e quanto sia marketing, non so. ma poco conta. 

Non so se oggi sul mercato ci sono più tipologie di corde di chitarra, o rubinetti per i bagni. Sembra un paragone folle, è vero. 

Mi è capitato un po' di tempo fa, quando ho messo su casa, di dover scegliere anche i rubinetti dei bagni. pensavo di entrare in un negozio, vederne qualche modello, valutare il prezzo.. comprarli, e uscire. Pensavo non sarebbe stato così complesso. Ma di tipi di rubinetti ce ne sono milioni, talmente tanti da rendere praticamente impossibile la scelta. E di ogni modello, almeno dieci versioni diverse..e la possibilità, per ognuna di esse, di essere adattato alle proprie esigente. .. E detta coì è già molto più semplice di quanto si possa immaginare. 

Quando mi sono trovato davanti allo scoglio dei rubinetti, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, quando andai per la prima volta a comprare delle corde della chitarra. Ero un bambino, abbastanza basso da non poter portare la chitarra a mano altrimenti con la fodera toccava terra. e così o mi distruggevo il braccio ( la chitarra, pesa!) oppure mi inventavo strani modi per metterla a tracolla. Era una chitarra classica, una sorta di cassetta della frutta con sei corde, ma per me era il massimo. E nei miei ricordi lo è ancora. 

Un drammatico giorno mi si ruppe una corda. nessuno mi aveva detto che a volte succede, se sono troppo vecchie.Per me era stato un dramma. Superato lo shock decisi di andare nel negozio dove l'avevo comprata e comprarne un'altra. Avrei potuto aspettare il lunedì successivo, giorno in cui avevo lezione, per capire cosa fare.. ma non avrei mai aspettato così tanto tempo. Per fortuna appena entrato il commesso mi riconobbe e fu subito da me. Allora pensavo che bastasse entrare e dire - mi si è rotta una corda, me ne da un'altra? - Non dimenticherò mai il sorriso beffardo del ragazzo. Era stato come dare una dose di sangue a Dracula. Prima mi fece una lunga pantomima sull'importanza delle corde, poi sulle dimensioni ( che non ricordo perché dopo dieci secondi di spiegazione, già mi ero perso). Poi mi interrogò sugli stili che suonavo, quali canzoni, con che tecniche. Io sapevo fare solo pochi accordi, e il mio mondo finiva lì. Poi mi fece aprire la chitarra per vedere quali corde avevo su. Ripensandoci adesso, se le corde erano coerenti con la chitarra.. non oso nemmeno pensare che filacci di ferro potessero essere! Poi cercò a lungo nei cassetti del negozio per cercarne una simile alla mia. Risultato: purtroppo quella marca era terminata. C'era una unica soluzione: cambiarle tutte. e già che erano vecchie, sarebbe stato necessario in ogni caso. 

Studiò attentamente le corde, prese un sacchettino di plastica con foglietti azzurri dentro e mi disse - queste sono quelle che fanno per te -. ovviamente non mi spiegò come si cambiassero, né cosa avessi comprato davvero. presi il pacchetto, pagai e -timido - tornai a casa. Dovetti aspettare fino al lunedì per farmi spiegare davvero quali fossero le differenze, e come si montassero. ma quella fu una delle lezioni più belle: ormai la chitarra era mia, davvero mia. Sapvevo badare a lei, non c'erano più segreti. 

Quando si costruisce una chitarra, uno dei pensieri è - quali corde metterò? - perché da esse dipende gran parte del timbro del suono, e molto altro. Mentre costruivo la mia, in realtà, ho sempre utilizzato corde di scarto, quelle che avanzano da vecchie mute non utilizzate, o addirittura da vecchie chitarre quasi dimenticate. Quando ero sul punto di terminare la chitarra, mi venne la tentazione di cambiarle. Così, per avere tutto nuovo. Ma ormai mi ero affezionato anche a loro, e da allora ho deciso che le cambio solamente quando si rompono. Devono essere loro a decidere che è ora, non io. 

E fino ad adesso mi sono trovato benissimo.

Se adesso dovessi comprare un altro rubinetto, però, ancora non saprei da che parte cominciare.